Va, distruggi il male ... va (di Rita Pani)
L’ho visto per un momento, ieri, quel tizio del consiglio esibirsi in televisione. Prima delle idiozie che diceva – che sembrava di essere nel 1918 quando il Piave mormorava che non passa lo straniero – mi ha colpito il suo aspetto. Avete presente le signore che hanno passato gli ottanta con gioia? Io le amo, quando insistono a imbellettarsi le labbra, e le tracce rosse del rossetto, vanno a colmare rivoli di rughe. Loro mi mettono allegria, perché ci tengono alla vita. Fanno tenerezza. Ecco, così mi è sembrato il volto ormai deforme e colorato di quel tizio, ma a differenza di una nonna che non s’arrende, mi ha procurato un fastidioso senso di repulsione.Appare così, truccato peggio di una vecchia puttana, come se fosse il capo dei capi della protezione civile, pronto a fermare con le sue mani, la frana che sta demolendo il sistema mafioso italiano. È il suo modus operandi, non tanto per tranquillizzare gli italioti confusi, quanto per mettere una pezza ai suoi rapporti con la lega. Il leghista medio, quello che sposta i mattoni con abnegazione e serietà, che davvero lavora e campa la famiglia, quello che non conosce nulla se non faticare per guadagnarsi il domani, mal sopporta di sapere che in fine a governare non è né il suo bossi, né il suo maroni, ma un grumo di malavitosi al soldo delle mafie; e le mafie – ne sono convinti i leghisti – sono roba da sud.Eccolo allora, con accanto una delle sue scimmiette ammaestrate, e fatte ministre, tentare di riportare la pace in Padania: «La sinistra vuole spalancare le porte ai cittadini stranieri, vuole un'invasione di stranieri perchè pensa che si possa cambiare il peso del voto che ha visto la vittoria dell'Italia moderata». Come a dire, al leghista di Voghera, che il problema è sempre quello: il negro. Il negro è più negro della mafia, della camorra e della ndrangheta. Aspettiamo qualche giorno, e troveremo sui giornali qualche ragazza violentata dal nord africano, qualche villa assaltata dagli slavi. Fa parte del “gioco”, della politica, della campagna elettorale.«Siamo già tutti sottoposti al controllo dei telefoni - aggiunge il premier - È oggi è uno stato di polizia. È un sistema barbaro». Questa invece la perla per tutti gli italioti. Non pare grave il fatto di essere ormai consci che la mafia non è più Totò u curtu, o Pasquale Barra detto o’animale, ma bensì dell’utri il senatore e cosentino o’americano che siede accanto alla cassaforte dell’Italia. È grave, secondo il tizio, che le telefonate che ce lo possono raccontare siano di dominio pubblico. L’italiota prenderà per sé solo il timore di essere intercettato mentre al telefono dice alla moglie di gettare la pasta, o all’amante parole dolci in memoria dei minuti appena rubati.Poi, sebbene inespressivo, il tono della voce cambia – vorrebbe farsi serio – e si trasforma in condottiero chiamando “i suoi” a farsi esercito del bene contro il male, i paladini dell’amore che vince l’odio, che avranno il compito di spiegare ANCHE A ME, che cosa ha potuto l’amore. Che cosa ha fatto.E credetemi, ho molta speranza. Fossi capace pregherei Dio di darmi questa immensa opportunità: trovarmi di fronte un soldato paladino dell’ammmore che mi viene a spiegare cosa ha fatto il suo Re. Oh che bel sogno! Che desiderio …
giovedì 25 febbraio 2010
Gli italioti e il sesso (24 Febbraio 2010)
Gli italioti e il sesso (di Rita Pani)
Lo sapete no? Ho bisogno di buone notizie, e oggi ringrazio Repubblica per avermene offerto una, insieme al caffè.Vinto il terrore psicologico della crisi economica, superato il timore di avere la mafia al governo, da domani sarà possibile convincersi che nemmeno l’imbarbarimento dei costumi è un nostro problema; grazie a uno studio sociologico che ci spiega come la sessualità degli italiani, non sia stata corrotta da un ventennio di nani, puttane, e ballerine.La prima buona notizia, in controtendenza con ciò che saremmo portati a supporre è che “il matrimonio non è la tomba dell’amore” ma anzi, chi vive in coppia tromba assai più di chi non viva solo. (Da non credere!) L’altra ottima notizia emersa dallo studio, che mi ha lasciato stupita e liberata, è che “finalmente non si tromba più solo per procreare, ma anche per piacere.”Sono sempre grata a chi impegna il suo tempo e la sua energia per produrre studi di questo tipo, che colmano il vuoto del nostro poco sapere. Apprendere da una ricerca sociologica che gli italiani si fanno le seghe, (senza aver più paura di restare ciechi o pieni di bubboni verdi sul viso) mi ha emozionato come l’avvio dell’acceleratore di particelle.Certo si evince che l’uomo (inteso come maschio) ancora confonde il piacere della donna con l’orgasmo, e qui gli studiosi, rivelano qualcosa che si stenterebbe a credere: “nove maschi su dieci pensano che le compagne raggiungano sempre l'orgasmo, ma se lo chiedi a queste, è vero solo per sette su dieci. Se la matematica non è un'opinione, qualcosa non va; infatti, a domanda diretta, due donne su tre ammettono di aver simulato ogni tanto l'orgasmo.”Insomma, una lettura che potrei anche decidere di non risparmiarmi, questo "Rapporto Kinsey italiano", una sorta di favola bella, da leggere per stupirsi, e che forse avrei dovuto leggere qualche tempo fa. Per esempio chi mai avrebbe potuto sospettare, che per mantenere insieme una coppia, bastasse che la donna la desse all’uomo ogni volta che egli ne faceva richiesta, magari avvolgendola in mutande croccanti come carte di caramelle? E chi avrebbe mai detto che portare sulla testa due metri e mezzo di corna può essere fastidioso? E che dire del fatto che una donna mal sopporta di sapere che il suo uomo va a puttane?Sono quelle cose a cui la mente semplice delle persone, difficilmente arriverebbe a comprendere se non ci fossero tanti sociologi pronti a sacrificarsi per noi.L’ultimo dato che mi pare giusto citare è quello inerente il sesso orale. Pare non essere più un tabù, e che lo si pratichi da almeno sessant’anni, ma in maggioranza all’interno della coppia consolidata. Soltanto il 5% “lo compra”. La cosa che non emerge dallo studio sociologico, è che a volte chi lo vende diventa ministra. Ma questa è un’altra storia.
Lo sapete no? Ho bisogno di buone notizie, e oggi ringrazio Repubblica per avermene offerto una, insieme al caffè.Vinto il terrore psicologico della crisi economica, superato il timore di avere la mafia al governo, da domani sarà possibile convincersi che nemmeno l’imbarbarimento dei costumi è un nostro problema; grazie a uno studio sociologico che ci spiega come la sessualità degli italiani, non sia stata corrotta da un ventennio di nani, puttane, e ballerine.La prima buona notizia, in controtendenza con ciò che saremmo portati a supporre è che “il matrimonio non è la tomba dell’amore” ma anzi, chi vive in coppia tromba assai più di chi non viva solo. (Da non credere!) L’altra ottima notizia emersa dallo studio, che mi ha lasciato stupita e liberata, è che “finalmente non si tromba più solo per procreare, ma anche per piacere.”Sono sempre grata a chi impegna il suo tempo e la sua energia per produrre studi di questo tipo, che colmano il vuoto del nostro poco sapere. Apprendere da una ricerca sociologica che gli italiani si fanno le seghe, (senza aver più paura di restare ciechi o pieni di bubboni verdi sul viso) mi ha emozionato come l’avvio dell’acceleratore di particelle.Certo si evince che l’uomo (inteso come maschio) ancora confonde il piacere della donna con l’orgasmo, e qui gli studiosi, rivelano qualcosa che si stenterebbe a credere: “nove maschi su dieci pensano che le compagne raggiungano sempre l'orgasmo, ma se lo chiedi a queste, è vero solo per sette su dieci. Se la matematica non è un'opinione, qualcosa non va; infatti, a domanda diretta, due donne su tre ammettono di aver simulato ogni tanto l'orgasmo.”Insomma, una lettura che potrei anche decidere di non risparmiarmi, questo "Rapporto Kinsey italiano", una sorta di favola bella, da leggere per stupirsi, e che forse avrei dovuto leggere qualche tempo fa. Per esempio chi mai avrebbe potuto sospettare, che per mantenere insieme una coppia, bastasse che la donna la desse all’uomo ogni volta che egli ne faceva richiesta, magari avvolgendola in mutande croccanti come carte di caramelle? E chi avrebbe mai detto che portare sulla testa due metri e mezzo di corna può essere fastidioso? E che dire del fatto che una donna mal sopporta di sapere che il suo uomo va a puttane?Sono quelle cose a cui la mente semplice delle persone, difficilmente arriverebbe a comprendere se non ci fossero tanti sociologi pronti a sacrificarsi per noi.L’ultimo dato che mi pare giusto citare è quello inerente il sesso orale. Pare non essere più un tabù, e che lo si pratichi da almeno sessant’anni, ma in maggioranza all’interno della coppia consolidata. Soltanto il 5% “lo compra”. La cosa che non emerge dallo studio sociologico, è che a volte chi lo vende diventa ministra. Ma questa è un’altra storia.
Malavita democratica (23 Febbraio 2010)
Malavita democratica (di Rita Pani)
In effetti, mancava il riciclaggio di denaro sporco tra le azioni compiute da questo governo del fare. Oggi lo abbiamo, con l’ennesimo senatore malavitoso del pdl, per cui si chiede l’arresto. Si vocifera addirittura un interessamento diretto della ndrangheta, e in epoca di par condicio, mi sembra anche una buona cosa. È la prova della tenuta di una democrazia ormai matura, dove tutte le associazioni criminali, sono equamente rappresentate in Parlamento; non soltanto la mafia e la camorra.Non sto facendo della facile ironia, è un dato di fatto. Come è un dato di fatto che il governo che tutela gli interessi delle cosche mafiose, nei più disparati livelli, è lo stesso che da giorni ci promette meno corruzione, più norme e addirittura liste elettorali prive di criminali. Volendo ci promette anche di più, se consideriamo l’intento e l’urgenza con le quali lo stesso governo, s’impegna a mettere mano alla costituzione, per traghettare il paese verso la modernità.Non mi crea alcuno stupore quindi, l’invito del Presidente della Camera, che forse ha scordato di essere parte integrante del partito di maggioranza, che potrebbe finire per riunirsi nella sala mensa di un carcere. Non mi crea nemmeno stupore la leggerezza quasi divertita, con la quale ormai quotidianamente, apprendiamo dai giornali di uno scandalo oppure di un altro, di una richiesta d’arresto, di dimissioni presentate per convenzione, e respinte sempre con decisione.Quel che mi stupisce, è non aver mai sentito nessuno delle opposizioni chiedere a gran voce le dimissioni di un intero governo, palesemente al servizio di una lobby di malavitosi. Anzi, ogni volta che si parla di riforme costituzionali, tendono ad aprire piccoli varchi di luce, con promesse di discussioni, di convergenze, di disponibilità al dialogo. E da quando, di grazia, si dialoga con la malavita? Questa era un’operazione che in altri tempi e in altri contesti, forse, avrebbe potuto fare don Vito Ciancimino.Per fortuna, tutto sommato, qualcosa in Italia si muove e questa mattina, anche Montezemolo, ha espresso concetti condivisibili come per esempio: “Eppure la politica ha certamente una precisa responsabilità: quella di non avere introdotto riforme adeguate per far funzionare bene la macchina dello stato.” "il compito di una politica alta e responsabile non può che tornare ad essere quello delle riforme, del profondo senso dello Stato e del suo buon funzionamento, della ricostruzione di un tessuto civile dove il malaffare sia l'eccezione e non la regola della mediazione".Che sia che ci siamo trasferiti tutti in Svezia, e non ce ne siamo accorti?
In effetti, mancava il riciclaggio di denaro sporco tra le azioni compiute da questo governo del fare. Oggi lo abbiamo, con l’ennesimo senatore malavitoso del pdl, per cui si chiede l’arresto. Si vocifera addirittura un interessamento diretto della ndrangheta, e in epoca di par condicio, mi sembra anche una buona cosa. È la prova della tenuta di una democrazia ormai matura, dove tutte le associazioni criminali, sono equamente rappresentate in Parlamento; non soltanto la mafia e la camorra.Non sto facendo della facile ironia, è un dato di fatto. Come è un dato di fatto che il governo che tutela gli interessi delle cosche mafiose, nei più disparati livelli, è lo stesso che da giorni ci promette meno corruzione, più norme e addirittura liste elettorali prive di criminali. Volendo ci promette anche di più, se consideriamo l’intento e l’urgenza con le quali lo stesso governo, s’impegna a mettere mano alla costituzione, per traghettare il paese verso la modernità.Non mi crea alcuno stupore quindi, l’invito del Presidente della Camera, che forse ha scordato di essere parte integrante del partito di maggioranza, che potrebbe finire per riunirsi nella sala mensa di un carcere. Non mi crea nemmeno stupore la leggerezza quasi divertita, con la quale ormai quotidianamente, apprendiamo dai giornali di uno scandalo oppure di un altro, di una richiesta d’arresto, di dimissioni presentate per convenzione, e respinte sempre con decisione.Quel che mi stupisce, è non aver mai sentito nessuno delle opposizioni chiedere a gran voce le dimissioni di un intero governo, palesemente al servizio di una lobby di malavitosi. Anzi, ogni volta che si parla di riforme costituzionali, tendono ad aprire piccoli varchi di luce, con promesse di discussioni, di convergenze, di disponibilità al dialogo. E da quando, di grazia, si dialoga con la malavita? Questa era un’operazione che in altri tempi e in altri contesti, forse, avrebbe potuto fare don Vito Ciancimino.Per fortuna, tutto sommato, qualcosa in Italia si muove e questa mattina, anche Montezemolo, ha espresso concetti condivisibili come per esempio: “Eppure la politica ha certamente una precisa responsabilità: quella di non avere introdotto riforme adeguate per far funzionare bene la macchina dello stato.” "il compito di una politica alta e responsabile non può che tornare ad essere quello delle riforme, del profondo senso dello Stato e del suo buon funzionamento, della ricostruzione di un tessuto civile dove il malaffare sia l'eccezione e non la regola della mediazione".Che sia che ci siamo trasferiti tutti in Svezia, e non ce ne siamo accorti?
Terribile incidente (22 Febbraio 2010)
Terribile incidente (di Rita Pani)
Sentivo due vecchi raccontare un fatto accaduto qua vicino, ma non so dove. Un uomo ha lasciato la macchina in folle ed è sceso per chiudere il cancello. L’auto si è mossa lungo la discesa e lo ha ucciso. “Una disgrazia” ha detto un uomo all’altro. Un terribile incidente.E si sa, le cose capitano, un incidente, una disgrazia, per fatalità e a volte, persino per involontaria responsabilità dell’uomo.Leggo sui giornali che anche in Afghanistan c’è stato un terribile incidente, per il quale il comandante in capo delle forze alleate di occupazione pacificatrice, McChrystal, si dice profondamente rattristato. Durante un attacco aereo di pacificazione democratica, un convoglio è stato disgraziatamente attaccato uccidendo 33 persone umane, tra le quali anche donne e bambini. Non è colpa di nessuno, sebbene presto sarà avviata un’inchiesta pro forma. La responsabilità della strage accidentale, potrebbe essere imputata al fato. I tre minibus spazzati via dalle bombe intelligenti e pacifiche degli americani, erano sospetti.Il comandante McChrystal, comunque tiene a ribadire che il compito delle forze internazionali di pace, è quello di proteggere la popolazione civile, e che “questi errori” minano la fiducia degli afghani.Ma anche la guerra ormai ci ha addomesticato, forse perché l’abbiamo sempre vissuta come una realtà virtuale, e gli incidenti non si contano più a meno che siano così tragici da non poterne fare a meno. Quando all’inizio ci prospettarono la prima guerra teletrasmessa, le notizie conservavano un po’ di pudore per cui un bambino dilaniato da un ordigno era chiamato “effetto collaterale.” Ancora persisteva quel poco di vergogna rispetto al gesto atroce dell’uomo sull’uomo. Ora che siamo evoluti nella barbarie, ci considerano abbastanza “adulti” da poter far spallucce davanti a un “tragico incidente”.Da quando abbiamo abdicato alla nostra umanità, viviamo tutti un po’ più sereni. Così sereni che non ci verrà più in mente di scendere in piazza per chiedere di non essere complici in guerre d’occupazione. Così sereni da non sentire più l’urgenza di chiedere di vivere in pace. Così sereni che il comandante in capo degli assassini di 33 persone possa essere anche il “Premio Nobel per la Pace.”
Sentivo due vecchi raccontare un fatto accaduto qua vicino, ma non so dove. Un uomo ha lasciato la macchina in folle ed è sceso per chiudere il cancello. L’auto si è mossa lungo la discesa e lo ha ucciso. “Una disgrazia” ha detto un uomo all’altro. Un terribile incidente.E si sa, le cose capitano, un incidente, una disgrazia, per fatalità e a volte, persino per involontaria responsabilità dell’uomo.Leggo sui giornali che anche in Afghanistan c’è stato un terribile incidente, per il quale il comandante in capo delle forze alleate di occupazione pacificatrice, McChrystal, si dice profondamente rattristato. Durante un attacco aereo di pacificazione democratica, un convoglio è stato disgraziatamente attaccato uccidendo 33 persone umane, tra le quali anche donne e bambini. Non è colpa di nessuno, sebbene presto sarà avviata un’inchiesta pro forma. La responsabilità della strage accidentale, potrebbe essere imputata al fato. I tre minibus spazzati via dalle bombe intelligenti e pacifiche degli americani, erano sospetti.Il comandante McChrystal, comunque tiene a ribadire che il compito delle forze internazionali di pace, è quello di proteggere la popolazione civile, e che “questi errori” minano la fiducia degli afghani.Ma anche la guerra ormai ci ha addomesticato, forse perché l’abbiamo sempre vissuta come una realtà virtuale, e gli incidenti non si contano più a meno che siano così tragici da non poterne fare a meno. Quando all’inizio ci prospettarono la prima guerra teletrasmessa, le notizie conservavano un po’ di pudore per cui un bambino dilaniato da un ordigno era chiamato “effetto collaterale.” Ancora persisteva quel poco di vergogna rispetto al gesto atroce dell’uomo sull’uomo. Ora che siamo evoluti nella barbarie, ci considerano abbastanza “adulti” da poter far spallucce davanti a un “tragico incidente”.Da quando abbiamo abdicato alla nostra umanità, viviamo tutti un po’ più sereni. Così sereni che non ci verrà più in mente di scendere in piazza per chiedere di non essere complici in guerre d’occupazione. Così sereni da non sentire più l’urgenza di chiedere di vivere in pace. Così sereni che il comandante in capo degli assassini di 33 persone possa essere anche il “Premio Nobel per la Pace.”
Amenità domenicali (21 Febbraio 2010)
Amenità domenicali (di Rita Pani)
Potevano essere giorni pesanti con l’indignazione per la finale del Festival di San Remo, che pare abbia fatto arrabbiare la maggioranza degli italiani, al punto di provocare la nascita di movimenti spontanei per la salvaguardia della canzone italiana. Il fatto è che io proprio non ne so nulla, se non quelle poche cose che, volente o nolente, ho appreso dai giornali. Per esempio sembra che ci sia molta soddisfazione a La Maddalena, per la vittoria del pupazzo di maria de filippi: “quasi una riscossa rispetto al G8”. Ho letto anche che Bersani è stato contestato. Lì per lì mi è anche un po’ dispiaciuto, in fondo, pensavo, a me Samuele Bersani piace come cantante. Poi però mi sono ricordata della potente macchina del PD, in trasferta sanremese per stare accanto ai gggiovani, e mi sono ripresa. Ho letto che il pubblico era davvero inviperito per il risultato di quella scimmia nullafacente del principe de noantri, e che avrebbe voluto fischiare in modo bipartisan anche il ministro ligure scajola, ma sono intervenuti dei figuri ad ingiungere al pubblico di smettere (forse con la minaccia di foto segnalazione nella scuola Diaz più vicina). Sempre per mantenere il regime di par condicio, ho saputo che il terzo classificato è un pupazzo che viene fuori dalla fabbrica di mostri di Rai 2. L’unica cosa che ho visto (su Repubblica TV) è stata la falsa contestazione di un’orchestra sorridente che lanciava per aria gli spartiti. Complimenti, proprio di grande effetto.Insomma, ho studiato.Ora però, lasciamo da parte le cose serie e torniamo alle facezie domenicali, che ogni tanto non guasta alleggerire un po’ il clima – e lo dico anche per me.Il giullare del consiglio, in piena foga propagandistica annuncia che "nelle nostre liste non inseriremo nessun personaggio che sia compromesso in modo certo". Tradotto in italiano, per gli italioti significa che nemmeno dell’utri è compromesso in modo certo, dal momento che la certezza della colpevolezza di un reo, è stabilita dopo tre gradi di giudizio. Come non sapranno gli italioti, il tempo necessario per aver “certezza” a volte, anche grazie alle leggi scritte dagli avvocati dell’imputato del consiglio, è così lungo che i reati cadono in prescrizione. Semplificando, dall’italiano all’italiota, state certi che i compromessi, i ladri, e i corruttori, le mignotte, le igieniste, le ballerine e il geometra, saranno candidati alle prossime elezioni.E dopo San Remo, San Fratello, amena località sicula sorvolata in elicottero da bertolaso dopo le frane e gli smottamenti. E come se stesse al Bagaglino, il capo della protezione civile italiana, in odor di ministero continua a dire: “Su di me fango.” E porca miseria! Certo, d’altronde come recita l’antico adagio: “Chi va al mulino s’infarina.”Comunque rassicura: “Lo stato c’è e ci sarà.” Come all’Aquila.
Potevano essere giorni pesanti con l’indignazione per la finale del Festival di San Remo, che pare abbia fatto arrabbiare la maggioranza degli italiani, al punto di provocare la nascita di movimenti spontanei per la salvaguardia della canzone italiana. Il fatto è che io proprio non ne so nulla, se non quelle poche cose che, volente o nolente, ho appreso dai giornali. Per esempio sembra che ci sia molta soddisfazione a La Maddalena, per la vittoria del pupazzo di maria de filippi: “quasi una riscossa rispetto al G8”. Ho letto anche che Bersani è stato contestato. Lì per lì mi è anche un po’ dispiaciuto, in fondo, pensavo, a me Samuele Bersani piace come cantante. Poi però mi sono ricordata della potente macchina del PD, in trasferta sanremese per stare accanto ai gggiovani, e mi sono ripresa. Ho letto che il pubblico era davvero inviperito per il risultato di quella scimmia nullafacente del principe de noantri, e che avrebbe voluto fischiare in modo bipartisan anche il ministro ligure scajola, ma sono intervenuti dei figuri ad ingiungere al pubblico di smettere (forse con la minaccia di foto segnalazione nella scuola Diaz più vicina). Sempre per mantenere il regime di par condicio, ho saputo che il terzo classificato è un pupazzo che viene fuori dalla fabbrica di mostri di Rai 2. L’unica cosa che ho visto (su Repubblica TV) è stata la falsa contestazione di un’orchestra sorridente che lanciava per aria gli spartiti. Complimenti, proprio di grande effetto.Insomma, ho studiato.Ora però, lasciamo da parte le cose serie e torniamo alle facezie domenicali, che ogni tanto non guasta alleggerire un po’ il clima – e lo dico anche per me.Il giullare del consiglio, in piena foga propagandistica annuncia che "nelle nostre liste non inseriremo nessun personaggio che sia compromesso in modo certo". Tradotto in italiano, per gli italioti significa che nemmeno dell’utri è compromesso in modo certo, dal momento che la certezza della colpevolezza di un reo, è stabilita dopo tre gradi di giudizio. Come non sapranno gli italioti, il tempo necessario per aver “certezza” a volte, anche grazie alle leggi scritte dagli avvocati dell’imputato del consiglio, è così lungo che i reati cadono in prescrizione. Semplificando, dall’italiano all’italiota, state certi che i compromessi, i ladri, e i corruttori, le mignotte, le igieniste, le ballerine e il geometra, saranno candidati alle prossime elezioni.E dopo San Remo, San Fratello, amena località sicula sorvolata in elicottero da bertolaso dopo le frane e gli smottamenti. E come se stesse al Bagaglino, il capo della protezione civile italiana, in odor di ministero continua a dire: “Su di me fango.” E porca miseria! Certo, d’altronde come recita l’antico adagio: “Chi va al mulino s’infarina.”Comunque rassicura: “Lo stato c’è e ci sarà.” Come all’Aquila.
Miracoli preelettorali (19 Febbraio 2010)
Miracoli preelettorali (di Rita Pani)
Però un po’ è vero che è il governo dei miracoli. Di solito avvengono sempre in periodo preelettorale, e durano quanto un sospiro. Il miracolista finale è sempre lui, capace persino di farmi ridere, in queste giornate grigie di pioggia. Credo che ad oggi, nulla sia stato più divertente di leggere le dichiarazioni del plurinquisito del consiglio, il corruttore per antonomasia, con le quali promette pene più dure per i reati di corruzione. Non so perché ma il paragone, per me, resta sempre Pacciani. Ecco, per me è come se il mostro di Firenze, diventato ministro per la famiglia, avesse garantito l’evirazione per i violentatori.Non male nemmeno la promessa del miracolo della pulizia e della legalità istituzionale, in un momento in cui persino l’ultimo garzone di Palazzo Chigi, si sente in dovere di tornare a casa la sera, portando via con sé almeno una risma di carta o un blocchetto di post-it. Niente malavitosi nelle liste elettorali. S’è offeso persino cosentino o’ammericano, che si è sentito in dovere di fare finta di dimettersi. Dimissioni ovviamente non accettate dal padrino del consiglio.È il periodo dei miracoli, canterebbe Lucio Dalla. Per quasi due anni in Italia sembrava essere scomparso lo smog, ma d’improvviso e solo dopo qualche denuncia da parte di qualche cittadino ormai con la salute fottuta, torna lo smog bipartisan, e il nord fermerà le auto per un’intera domenica. Avreste dovuto sentire formigoni, tutto eccitato, dire davanti a un microfono, col sorriso sulle labbra: “Milano è meno inquinata di Londra!” … che culo!Il miracolo elettorale fa sì che le figlie vadano in aiuto al padre – succede sempre – e a loro dà voce il megafono della propaganda: il TG1. “Il fango non ti sporcherà.” Tranquilla, figliola, verrebbe da dire: papà il fango lo vede dall’elicottero. Ma chi non si commuoverebbe davanti a una figlia che giura sulla purezza del padre? Lo fece anche la figlia di Totò Riina, una volta, ma il popolo per bene inorridì. Come si permetteva, la figlia di un mafioso, di essere affezionata a suo padre? Certo c’era differenza, i mafiosi uccidevano e speculavano, i vertici della protezione civile non uccidono. I morti su cui speculare li hanno gratis, un dono di natura.
Però un po’ è vero che è il governo dei miracoli. Di solito avvengono sempre in periodo preelettorale, e durano quanto un sospiro. Il miracolista finale è sempre lui, capace persino di farmi ridere, in queste giornate grigie di pioggia. Credo che ad oggi, nulla sia stato più divertente di leggere le dichiarazioni del plurinquisito del consiglio, il corruttore per antonomasia, con le quali promette pene più dure per i reati di corruzione. Non so perché ma il paragone, per me, resta sempre Pacciani. Ecco, per me è come se il mostro di Firenze, diventato ministro per la famiglia, avesse garantito l’evirazione per i violentatori.Non male nemmeno la promessa del miracolo della pulizia e della legalità istituzionale, in un momento in cui persino l’ultimo garzone di Palazzo Chigi, si sente in dovere di tornare a casa la sera, portando via con sé almeno una risma di carta o un blocchetto di post-it. Niente malavitosi nelle liste elettorali. S’è offeso persino cosentino o’ammericano, che si è sentito in dovere di fare finta di dimettersi. Dimissioni ovviamente non accettate dal padrino del consiglio.È il periodo dei miracoli, canterebbe Lucio Dalla. Per quasi due anni in Italia sembrava essere scomparso lo smog, ma d’improvviso e solo dopo qualche denuncia da parte di qualche cittadino ormai con la salute fottuta, torna lo smog bipartisan, e il nord fermerà le auto per un’intera domenica. Avreste dovuto sentire formigoni, tutto eccitato, dire davanti a un microfono, col sorriso sulle labbra: “Milano è meno inquinata di Londra!” … che culo!Il miracolo elettorale fa sì che le figlie vadano in aiuto al padre – succede sempre – e a loro dà voce il megafono della propaganda: il TG1. “Il fango non ti sporcherà.” Tranquilla, figliola, verrebbe da dire: papà il fango lo vede dall’elicottero. Ma chi non si commuoverebbe davanti a una figlia che giura sulla purezza del padre? Lo fece anche la figlia di Totò Riina, una volta, ma il popolo per bene inorridì. Come si permetteva, la figlia di un mafioso, di essere affezionata a suo padre? Certo c’era differenza, i mafiosi uccidevano e speculavano, i vertici della protezione civile non uccidono. I morti su cui speculare li hanno gratis, un dono di natura.
L'Italia è una struttura piramidale (18 Febbraio 2010)
L'Italia è una struttura piramidale (di Rita Pani)
Tant’è che questa mattina, quando ho letto che il tizio malavitoso del consiglio, candidava letta al Quirinale, mi sono chiesta: “E mò, chi ha ammazzato questo?” Insomma, se per essere sottosegretario devi essere mafioso, se per essere ministro devi aver rubato milioni o essere stata nel letto del re, davvero pensavo che per fare il Presidente della Repubblica (prossima ventura), ci volesse almeno un omicidio in curriculum.Mi ero sbagliata, per fortuna. Era tutto assai meno grave di quanto avessi immaginato. Si tratta delle ultime limature al nuovo sistema Italia, “Stato S.p.A.” che nemmeno dovrà condurre dalla stanza dei bottoni, ma con una più comoda carica di senatore a vita, che gli permetterà di dare ordini ai sottoposti anche solo telefonicamente, mentre continuerà a fare provini per le ministre, deputate, consigliere comunali o regionali, future.L’Italia cambierà l’articolo uno della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica a struttura piramidale, al cui vertice siederà berlusconi o il suo legittimo discendente.” Tutto il resto non conta, e ne siamo coscienti, tal volta persino complici. Basta vedere negli anni l’assortimento delle liste elettorali, dopo la riforma della legge “porcata” elettorale, che nessuno si azzarda a cambiare. Finiti gli avvocati, i medici, i mafiosi, le ballerine e le amanti, si è passati al geometra di fiducia, l’igienista ballerina, e chissà magari un domani troveremo in parlamento anche la massaggiatrice, l’esperta in eventistica danzante (sic!), la cuoca, la cameriera, l’addetta al montaggio e smontaggio della coroncina di sughero reggi capelli.Più si sarà vicini al vertice della piramide e più si avrà potere, per cui si potranno candidare i figli, e i parenti affini fino al terzo grado di parentela, l’autista, il giardiniere di fiducia e magari anche lo stalliere.Stesso sistema rodato ormai da anni nei consigli regionali, dove si applica un concetto assai approssimativo di “federalismo”, che prima o poi si paleserà sempre più simile a una sorta di “affiliazione” alla piramide madre. I casi sono tanti, e il più emblematico in Sardegna – la mia terra – messa in mano da conterranei dementi, al figlio del commercialista del capo piramide.E a proposito … pare che il re sia molto risentito contro i comunisti che divulgano le intercettazioni telefoniche, dice che è una vergogna.Siccome io penso, al contrario, che sia una vergogna fingere ancora di non sapere … leggeteMa la più bella del giorno, in questo patetico paese delle banane ormai putride, è questa:Il coordinatore del Pdl, sandro bondi, assicura che nelle liste del suo partito alle regionali ci saranno solo candidati di «provata moralità e competenza». «Stiamo lavorando con l’onorevole La Russa e l’onorevole Verdini». Apcom del 17 febbraio 2010
Tant’è che questa mattina, quando ho letto che il tizio malavitoso del consiglio, candidava letta al Quirinale, mi sono chiesta: “E mò, chi ha ammazzato questo?” Insomma, se per essere sottosegretario devi essere mafioso, se per essere ministro devi aver rubato milioni o essere stata nel letto del re, davvero pensavo che per fare il Presidente della Repubblica (prossima ventura), ci volesse almeno un omicidio in curriculum.Mi ero sbagliata, per fortuna. Era tutto assai meno grave di quanto avessi immaginato. Si tratta delle ultime limature al nuovo sistema Italia, “Stato S.p.A.” che nemmeno dovrà condurre dalla stanza dei bottoni, ma con una più comoda carica di senatore a vita, che gli permetterà di dare ordini ai sottoposti anche solo telefonicamente, mentre continuerà a fare provini per le ministre, deputate, consigliere comunali o regionali, future.L’Italia cambierà l’articolo uno della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica a struttura piramidale, al cui vertice siederà berlusconi o il suo legittimo discendente.” Tutto il resto non conta, e ne siamo coscienti, tal volta persino complici. Basta vedere negli anni l’assortimento delle liste elettorali, dopo la riforma della legge “porcata” elettorale, che nessuno si azzarda a cambiare. Finiti gli avvocati, i medici, i mafiosi, le ballerine e le amanti, si è passati al geometra di fiducia, l’igienista ballerina, e chissà magari un domani troveremo in parlamento anche la massaggiatrice, l’esperta in eventistica danzante (sic!), la cuoca, la cameriera, l’addetta al montaggio e smontaggio della coroncina di sughero reggi capelli.Più si sarà vicini al vertice della piramide e più si avrà potere, per cui si potranno candidare i figli, e i parenti affini fino al terzo grado di parentela, l’autista, il giardiniere di fiducia e magari anche lo stalliere.Stesso sistema rodato ormai da anni nei consigli regionali, dove si applica un concetto assai approssimativo di “federalismo”, che prima o poi si paleserà sempre più simile a una sorta di “affiliazione” alla piramide madre. I casi sono tanti, e il più emblematico in Sardegna – la mia terra – messa in mano da conterranei dementi, al figlio del commercialista del capo piramide.E a proposito … pare che il re sia molto risentito contro i comunisti che divulgano le intercettazioni telefoniche, dice che è una vergogna.Siccome io penso, al contrario, che sia una vergogna fingere ancora di non sapere … leggeteMa la più bella del giorno, in questo patetico paese delle banane ormai putride, è questa:Il coordinatore del Pdl, sandro bondi, assicura che nelle liste del suo partito alle regionali ci saranno solo candidati di «provata moralità e competenza». «Stiamo lavorando con l’onorevole La Russa e l’onorevole Verdini». Apcom del 17 febbraio 2010
+ 229 (18 Febbraio 2010)
+ 229 (di Rita Pani)
Non ci si può esimere dall’essere ottimisti, e anche noi rosse cassandre disfattiste e invidiose, quando è tempo dobbiamo fare un passo indietro, un inchino e tanto di cappello. Non so da quanto non si leggeva sui giornali italiani un dato positivo al rialzo. Sempre il meno davanti ai numeri a farci incupire sempre più. Oggi finalmente balza all’occhio quel +229% e in un solo anno, e nemmeno un applauso, nemmeno una ola. Di tanto è aumentata la corruzione, in un solo anno e si stima che solo la Colombia abbia saputo far meglio. Ma siamo un popolo che reagisce, e con un altro intero anno di sistema berlusconi, non è escluso che riusciremo anche a salire sul gradino più alto del podio.Messe da parte Monica e Francesca, la cervicale di bertolaso, le ragazze russe che sanno anche parlare, resta la mafia e un altro milione di euro che pioverà in Sicilia, senza sapere chi, mentre franavano le montagne si stesse sfregando le mani.Per chi ha letto il resoconto dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, sarà facile comprendere, per gli altri resterà il catechismo, che narra la storia di trappole e mire eversive, delle toghe rosse e dei miracoli aquilani, che ora si sa, potrebbero anche stati resi possibili dalla mafia stessa.Non si può non essere ottimisti, in un paese in cui il capo della protezione civile lascia il parlamento durante i lavori, per recarsi in elicottero in Calabria, e dove una televisione di stato gli affibbia il cronista personale, che lo seguirà ovunque per mostrare al popolo le sue gesta. Ovunque, tranne che al centro massaggi, ovviamente.E quel 229 resta là, appeso insieme alle altre vicende italiane, a fare da sfondo alla nuova campagna elettorale, quasi ignorato perché la storia sta insegnato che per essere colpevole devi aver rubato, e poco, per fame.E così, nel giorno del positivismo, lo stesso in cui la corte dei conti ci spiega l’incremento della corruzione e del malaffare, in Val di Susa si combatte per evitare che l’ennesima ruberia devasti un territorio, e chi resta a terra è solo un ragazzo, massacrato dalla polizia.Ed è difficile non pensare alle parole di bertolaso, che si dichiara vittima del sistema, quasi un alluvionato dalla tragedia che sta vivendo. Non si può fare a meno di ricordarlo mentre vola in Calabria a risolvere altri guai arrecati dall’uomo. Loro sono eroi, servitori dello stato, uomini del fare miracoloso, mentre i 300 di Val di Susa, saranno invece ricordati come i facinorosi appartenenti al partito del NO, quelli che con le loro battaglie ostacolano la crescita del paese, impedendo che circoli il danaro per le infrastrutture. Comunisti.
Non ci si può esimere dall’essere ottimisti, e anche noi rosse cassandre disfattiste e invidiose, quando è tempo dobbiamo fare un passo indietro, un inchino e tanto di cappello. Non so da quanto non si leggeva sui giornali italiani un dato positivo al rialzo. Sempre il meno davanti ai numeri a farci incupire sempre più. Oggi finalmente balza all’occhio quel +229% e in un solo anno, e nemmeno un applauso, nemmeno una ola. Di tanto è aumentata la corruzione, in un solo anno e si stima che solo la Colombia abbia saputo far meglio. Ma siamo un popolo che reagisce, e con un altro intero anno di sistema berlusconi, non è escluso che riusciremo anche a salire sul gradino più alto del podio.Messe da parte Monica e Francesca, la cervicale di bertolaso, le ragazze russe che sanno anche parlare, resta la mafia e un altro milione di euro che pioverà in Sicilia, senza sapere chi, mentre franavano le montagne si stesse sfregando le mani.Per chi ha letto il resoconto dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, sarà facile comprendere, per gli altri resterà il catechismo, che narra la storia di trappole e mire eversive, delle toghe rosse e dei miracoli aquilani, che ora si sa, potrebbero anche stati resi possibili dalla mafia stessa.Non si può non essere ottimisti, in un paese in cui il capo della protezione civile lascia il parlamento durante i lavori, per recarsi in elicottero in Calabria, e dove una televisione di stato gli affibbia il cronista personale, che lo seguirà ovunque per mostrare al popolo le sue gesta. Ovunque, tranne che al centro massaggi, ovviamente.E quel 229 resta là, appeso insieme alle altre vicende italiane, a fare da sfondo alla nuova campagna elettorale, quasi ignorato perché la storia sta insegnato che per essere colpevole devi aver rubato, e poco, per fame.E così, nel giorno del positivismo, lo stesso in cui la corte dei conti ci spiega l’incremento della corruzione e del malaffare, in Val di Susa si combatte per evitare che l’ennesima ruberia devasti un territorio, e chi resta a terra è solo un ragazzo, massacrato dalla polizia.Ed è difficile non pensare alle parole di bertolaso, che si dichiara vittima del sistema, quasi un alluvionato dalla tragedia che sta vivendo. Non si può fare a meno di ricordarlo mentre vola in Calabria a risolvere altri guai arrecati dall’uomo. Loro sono eroi, servitori dello stato, uomini del fare miracoloso, mentre i 300 di Val di Susa, saranno invece ricordati come i facinorosi appartenenti al partito del NO, quelli che con le loro battaglie ostacolano la crescita del paese, impedendo che circoli il danaro per le infrastrutture. Comunisti.
mercoledì 17 febbraio 2010
Lo amavo proprio Berlinguer (16 Febbraio 2010)
Lo amavo proprio Berlinguer (di Rita Pani)
Oggi mi è capitato di vedere una vecchia foto del sorriso di Berlinguer; sono stata a lungo a fissarlo. Era un sorriso rassicurante, aveva uno sguardo deciso e sereno. Certe volte mi serve di ricordare, e allora vado a rileggere le trascrizioni dei suoi comizi, meglio ancora rivedo i filmati, e nonostante siano passati troppi anni ormai, la sua voce mi resta ancora familiare. Come tutti i comunisti ho amato molto Berlinguer, ed è un amore imperituro.Sono nostalgie che mi assalgono spesso, soprattutto quando più pressante si fa la campagna elettorale e sempre più mi domando se la mia mano sarà capace di fermarsi a una sola “ics”, o si farà vincere dalla tentazione di scrivere ancora e ancora, tutto il peggio che il cuore mi dice e che possa stare sulla scheda.Quando c’era Berlinguer, noi mangiavamo bambini e avevamo tre narici. I fascisti erano fascisti ma non si azzardavano a esporre le loro icone maledette e proibite dalla legge (legge 20 Giugno 1956 n° 645 attualmente ancora in vigore). Oggi abbiamo Bersani, ma è a San Remo per il festival, perché dice che è importante stare in prima fila con i giovani, e i fascisti regalano i calendari di mussolini, per aggiudicarsi un voto.Poi ci sono i comizi, e il tizio malavitoso del consiglio li fa in televisione. Si presenta non più a promettere posti di lavoro a milioni di cittadini, ma a promettere impunità per tutti. I comunisti ora vogliono le tasse, vogliono rimettere l’ICI, tassare i grandi patrimoni, tracciare il danaro così che non si possa più evadere il fisco allegramente, bloccare l’abusivismo edilizio. Oggi questo tizio non ha nemmeno più bisogno di promettere pane agli affamati, e nemmeno brioche; oggi promette direttamente caviale. Spazi verdi e abusi edilizi per tutti coloro che se li possono permettere. Gli altri non contano, lobotomizzati ripeteranno a loro volta la filastrocca: “volete rimettere l’ICI…”A me è successo; ho avuto la fortuna di sentirmi fare questa obiezione. E come ve lo racconto l’orgasmo provato quando ho ribattuto: “scusa, ma tu non stai in affitto?” Piccolezze e digressione, perdonate.Berlinguer smetteva a volte di sorridere, e si faceva serio, con le rughe attente intorno agli occhi, con i suoi capelli che sembravano essere liberi di andare, come se ci fosse sempre vento.Oggi tutti sorridono, e hanno le bocche piene di denti. Sorridono tutti allo stesso modo dai manifesti che deturpano le nostre città. L’esercito dei cloni privi di carisma e personalità, che promettono rastrellamenti di negri, sicurezza, famiglia, fatti, e meno tasse. Il lavoro non è più importante, la scuola non c’entra più, la sanità chi se ne frega. Delle addizionali IRPEF non ne parla mai nessuno, nessuno ti promette di abbassarla, tanto chi la paga è solo il lavoratore dipendente, per gli altri ci sarà un condono prima o poi.Ha detto il tizio sorridente del consiglio che la sinistra ci fa sfigurare nel mondo. Lui invece lo amano anche in Germania …E mentre scrivo mi passa la voglia, perché vado lunga, divento noiosa persino a me stessa. Mi ricordo Berlinguer, ma non mi ricordo se poi lui c’era andato a San Remo. Forse però, no.
Oggi mi è capitato di vedere una vecchia foto del sorriso di Berlinguer; sono stata a lungo a fissarlo. Era un sorriso rassicurante, aveva uno sguardo deciso e sereno. Certe volte mi serve di ricordare, e allora vado a rileggere le trascrizioni dei suoi comizi, meglio ancora rivedo i filmati, e nonostante siano passati troppi anni ormai, la sua voce mi resta ancora familiare. Come tutti i comunisti ho amato molto Berlinguer, ed è un amore imperituro.Sono nostalgie che mi assalgono spesso, soprattutto quando più pressante si fa la campagna elettorale e sempre più mi domando se la mia mano sarà capace di fermarsi a una sola “ics”, o si farà vincere dalla tentazione di scrivere ancora e ancora, tutto il peggio che il cuore mi dice e che possa stare sulla scheda.Quando c’era Berlinguer, noi mangiavamo bambini e avevamo tre narici. I fascisti erano fascisti ma non si azzardavano a esporre le loro icone maledette e proibite dalla legge (legge 20 Giugno 1956 n° 645 attualmente ancora in vigore). Oggi abbiamo Bersani, ma è a San Remo per il festival, perché dice che è importante stare in prima fila con i giovani, e i fascisti regalano i calendari di mussolini, per aggiudicarsi un voto.Poi ci sono i comizi, e il tizio malavitoso del consiglio li fa in televisione. Si presenta non più a promettere posti di lavoro a milioni di cittadini, ma a promettere impunità per tutti. I comunisti ora vogliono le tasse, vogliono rimettere l’ICI, tassare i grandi patrimoni, tracciare il danaro così che non si possa più evadere il fisco allegramente, bloccare l’abusivismo edilizio. Oggi questo tizio non ha nemmeno più bisogno di promettere pane agli affamati, e nemmeno brioche; oggi promette direttamente caviale. Spazi verdi e abusi edilizi per tutti coloro che se li possono permettere. Gli altri non contano, lobotomizzati ripeteranno a loro volta la filastrocca: “volete rimettere l’ICI…”A me è successo; ho avuto la fortuna di sentirmi fare questa obiezione. E come ve lo racconto l’orgasmo provato quando ho ribattuto: “scusa, ma tu non stai in affitto?” Piccolezze e digressione, perdonate.Berlinguer smetteva a volte di sorridere, e si faceva serio, con le rughe attente intorno agli occhi, con i suoi capelli che sembravano essere liberi di andare, come se ci fosse sempre vento.Oggi tutti sorridono, e hanno le bocche piene di denti. Sorridono tutti allo stesso modo dai manifesti che deturpano le nostre città. L’esercito dei cloni privi di carisma e personalità, che promettono rastrellamenti di negri, sicurezza, famiglia, fatti, e meno tasse. Il lavoro non è più importante, la scuola non c’entra più, la sanità chi se ne frega. Delle addizionali IRPEF non ne parla mai nessuno, nessuno ti promette di abbassarla, tanto chi la paga è solo il lavoratore dipendente, per gli altri ci sarà un condono prima o poi.Ha detto il tizio sorridente del consiglio che la sinistra ci fa sfigurare nel mondo. Lui invece lo amano anche in Germania …E mentre scrivo mi passa la voglia, perché vado lunga, divento noiosa persino a me stessa. Mi ricordo Berlinguer, ma non mi ricordo se poi lui c’era andato a San Remo. Forse però, no.
Tira più un pelo di f... (15 Febbraio 2010)
Tira più un pelo di f... (di Rita Pani)
Per carità! Che altro ci sarebbe da aggiungere su tangenti, mazzette, appalti truccati, nepotismo, favoritismi, ladrocinio, malcostume, malavita, mafia, sopruso, malgoverno, malaffare? Davvero nulla, ormai ne siamo pieni fino alla radice dei capelli.Quello che mi stupisce delle intercettazioni che ancora abbiamo la fortuna di leggere, è il linguaggio di coloro che a vario titolo sono stati delegati all’amministrazione delle nostre vite. A volte, leggendo, ricordo le intercettazioni ambientali fatte a casa di Pacciani, e in confronto il contadino maniaco di Mercatale, mi sembra un nobile decaduto. Lui dava della “diavola” alla moglie e pregava Dio.Peccato che così presto siano state distrutte le intercettazioni telefoniche tra saccà e il maniaco sessuale del consiglio; noi curiosi e amanti della semantica, avremmo avuto molto su cui riflettere. Quel che è trapelato era assai poco, s’intuiva solamente che la donna, per certi esseri, non è altro che un pezzo di carne appesa al gancio dal macellaio, che con la luce giusta sembra essere magra, sanguinolenta e senza nervature.Poi venne il tempo di Patrizia, capace puttana, che riuscì anche a far credere all’italiano medio che un vecchio bavoso potesse essere in grado di “far male”. Memorabile la frase “all’inizio mi hai fatto male”. Nel mio cinismo avanzato, mi sono sempre domandata chi dei due fosse più cretino: lei che ultra quarantenne fingeva di essere vergine, o lui che ultra settantenne pensava di essere messo così bene in arnese?Ora è tempo della signorilità di bertolaso e i suoi scudieri, pronti a fornire una cavalla dai lucidi finimenti. Non solo a lui, ma anche ai sottoposti. Quindi possiamo sapere che in un albergo a sette stelle non ci dovrà andare “una stellina del cazzo, che magari nemmeno la fanno entrare”, oppure potremo sapere che Monica ha fatto vedere le stelle a bertolaso. Leggiamo e immaginiamo queste figure racchiuse tra le brume del paesaggio, col bavero del cappotto alzato, che stanno fuori dalla porta a pensare ai 500 punti che guadagnano solo perché, al di là della porta, un uomo attempato usa una donna, e che dopo andranno a ravanare i cestini in cerca dei preservativi, forse mai usatiQuelli che pensano bene, col neurone succhiato da 15 anni di berlusconismo, obietteranno che non sono affari nostri, delle puttane e dei puttanieri, delle altrui trombate, del divertimento del re. Io che penso misero, mi ricordo che la Protezione Civile S.P.A. era cosa fatta, e invece oggi è sparita dal decreto, non perché è immorale anche rubare, ma solo perché non è bello far capire alla gente che c’è chi è così sazio del nostro danaro, che una figa vale di più.
Per carità! Che altro ci sarebbe da aggiungere su tangenti, mazzette, appalti truccati, nepotismo, favoritismi, ladrocinio, malcostume, malavita, mafia, sopruso, malgoverno, malaffare? Davvero nulla, ormai ne siamo pieni fino alla radice dei capelli.Quello che mi stupisce delle intercettazioni che ancora abbiamo la fortuna di leggere, è il linguaggio di coloro che a vario titolo sono stati delegati all’amministrazione delle nostre vite. A volte, leggendo, ricordo le intercettazioni ambientali fatte a casa di Pacciani, e in confronto il contadino maniaco di Mercatale, mi sembra un nobile decaduto. Lui dava della “diavola” alla moglie e pregava Dio.Peccato che così presto siano state distrutte le intercettazioni telefoniche tra saccà e il maniaco sessuale del consiglio; noi curiosi e amanti della semantica, avremmo avuto molto su cui riflettere. Quel che è trapelato era assai poco, s’intuiva solamente che la donna, per certi esseri, non è altro che un pezzo di carne appesa al gancio dal macellaio, che con la luce giusta sembra essere magra, sanguinolenta e senza nervature.Poi venne il tempo di Patrizia, capace puttana, che riuscì anche a far credere all’italiano medio che un vecchio bavoso potesse essere in grado di “far male”. Memorabile la frase “all’inizio mi hai fatto male”. Nel mio cinismo avanzato, mi sono sempre domandata chi dei due fosse più cretino: lei che ultra quarantenne fingeva di essere vergine, o lui che ultra settantenne pensava di essere messo così bene in arnese?Ora è tempo della signorilità di bertolaso e i suoi scudieri, pronti a fornire una cavalla dai lucidi finimenti. Non solo a lui, ma anche ai sottoposti. Quindi possiamo sapere che in un albergo a sette stelle non ci dovrà andare “una stellina del cazzo, che magari nemmeno la fanno entrare”, oppure potremo sapere che Monica ha fatto vedere le stelle a bertolaso. Leggiamo e immaginiamo queste figure racchiuse tra le brume del paesaggio, col bavero del cappotto alzato, che stanno fuori dalla porta a pensare ai 500 punti che guadagnano solo perché, al di là della porta, un uomo attempato usa una donna, e che dopo andranno a ravanare i cestini in cerca dei preservativi, forse mai usatiQuelli che pensano bene, col neurone succhiato da 15 anni di berlusconismo, obietteranno che non sono affari nostri, delle puttane e dei puttanieri, delle altrui trombate, del divertimento del re. Io che penso misero, mi ricordo che la Protezione Civile S.P.A. era cosa fatta, e invece oggi è sparita dal decreto, non perché è immorale anche rubare, ma solo perché non è bello far capire alla gente che c’è chi è così sazio del nostro danaro, che una figa vale di più.
Lettera a Veronica (13 Febbraio 2010)
Lettera a Veronica (di Rita Pani)
Cara Veronica,con un certo stupore sento la necessità di scriverti per esprimerti tutta la mia solidarietà. Non avrei mai pensato di potermi sentire così vicina a te. Ti sono vicina perché anche io, in questo periodo, vivo le tue stesse angosce e i tuoi stessi dolori.Anzi, in un certo senso mi sento anche un po’ più fortunata di te, non avendo messo al mondo dei figli durante questa mia lunga convivenza. Oggi come te, mi troverei costretta a combattere una lunga e costosa battaglia, per assicurare a ognuno di loro l’equa ripartizione dei miei debiti.Sono molto contenta che i giornali tempestivamente ci tengano informati delle tue vicissitudini coniugali, aiutando tutte le donne come noi a cercare di sentirci vicine e unite nella tragedia. Proprio questa mattina, infatti, apprendendo della volontà di quel maiale di tuo marito di portarti via la casa di Macherio, pensavo a te con dispiacere, dal momento che anche io sono stata minacciata un paio di volte d’esser messa fuori da questa casa ammuffita in affitto. Ma poi la sorte mi ha detto bene – almeno una volta – e proprio oggi, il mio coinquilino ha deciso di fare i bagagli e andare incontro a nuove e più allucinanti avventure. La spartizione dei beni è sempre dolorosa, ahimè. Non riesco nemmeno ad immaginarti mentre fai memoria per ricordarti tutto ciò che possedevate in comune. Mi dispiace molto per te, e ancora una volta mi sento fortunata, non possedendo una mazza tranne una Peugeot di 6 anni, valutata 3.800 euro da Quattroruote. A lui andranno i preziosi quadri del Van Gogh de noantri, a me resteranno le icone di Fidel castro e Che Guevara. Non avendo danari per riscattare la mia metà di auto, ho pensato di tenere la parte davanti, che almeno ha il motore.Cara Veronica, non cedere. Tieni duro. Sempre attraverso i giornali (che non ringrazierò mai abbastanza) ho letto che hai chiesto 43 milioni di euro all’anno per gli alimenti, e mi sembra una cifra ragionevole. In questo caso forse tu sei più fortunata di me, che non essendo sposata non ho nulla a pretendere. Sono contenta che tu non ti trovi come me, senza lavoro e senza prospettive. Me lo immagino quel maiale di tuo marito che ti dice: “Ma in tutti questi anni, tu hai lavorato solo un anno e mezzo, che cazzo vuoi?” Loro non hanno idea della fatica che si fa per farli andare alle convention in ordine e con la camicia stirata, e fargli trovare la cena a tavola quando tornano alla sera dal lavoro, e la casa in ordine, fare le conserve di pomodoro … Quindi, mi raccomando, non scordare mai la fatica che hai fatto per dare ordini alle cameriere, e resta ferma nella cifra di 43 milioni di euro.… Peccato, mi stavo anche divertendo a scrivere fino a qui. Fino a quando ho iniziato a rivolgermi al giornalista – parte che poi ho cancellato – per dirgli che forse le storie di tradimento e abbandono da raccontare dovrebbero essere quelle mie e delle tante, tantissime persone come me, a cui dopo aver sacrificato parte dell’esistenza non resta null’altro che il rammarico e la delusione. Avrei detto al giornalista che se si fosse guardato intorno, forse avrebbe compreso quanto ci si possa sentire oltraggiati, sapendo come sappiamo, che mentre c’è chi si domanda se domani mangerà, o per quanto potrà fare dignitosamente ricorso al “soccorso rosso”, c’è chi lotta per spartirsi il danaro sporco accumulato in una vita sporchissima e spesso a spese di tutti noi.
Cara Veronica,con un certo stupore sento la necessità di scriverti per esprimerti tutta la mia solidarietà. Non avrei mai pensato di potermi sentire così vicina a te. Ti sono vicina perché anche io, in questo periodo, vivo le tue stesse angosce e i tuoi stessi dolori.Anzi, in un certo senso mi sento anche un po’ più fortunata di te, non avendo messo al mondo dei figli durante questa mia lunga convivenza. Oggi come te, mi troverei costretta a combattere una lunga e costosa battaglia, per assicurare a ognuno di loro l’equa ripartizione dei miei debiti.Sono molto contenta che i giornali tempestivamente ci tengano informati delle tue vicissitudini coniugali, aiutando tutte le donne come noi a cercare di sentirci vicine e unite nella tragedia. Proprio questa mattina, infatti, apprendendo della volontà di quel maiale di tuo marito di portarti via la casa di Macherio, pensavo a te con dispiacere, dal momento che anche io sono stata minacciata un paio di volte d’esser messa fuori da questa casa ammuffita in affitto. Ma poi la sorte mi ha detto bene – almeno una volta – e proprio oggi, il mio coinquilino ha deciso di fare i bagagli e andare incontro a nuove e più allucinanti avventure. La spartizione dei beni è sempre dolorosa, ahimè. Non riesco nemmeno ad immaginarti mentre fai memoria per ricordarti tutto ciò che possedevate in comune. Mi dispiace molto per te, e ancora una volta mi sento fortunata, non possedendo una mazza tranne una Peugeot di 6 anni, valutata 3.800 euro da Quattroruote. A lui andranno i preziosi quadri del Van Gogh de noantri, a me resteranno le icone di Fidel castro e Che Guevara. Non avendo danari per riscattare la mia metà di auto, ho pensato di tenere la parte davanti, che almeno ha il motore.Cara Veronica, non cedere. Tieni duro. Sempre attraverso i giornali (che non ringrazierò mai abbastanza) ho letto che hai chiesto 43 milioni di euro all’anno per gli alimenti, e mi sembra una cifra ragionevole. In questo caso forse tu sei più fortunata di me, che non essendo sposata non ho nulla a pretendere. Sono contenta che tu non ti trovi come me, senza lavoro e senza prospettive. Me lo immagino quel maiale di tuo marito che ti dice: “Ma in tutti questi anni, tu hai lavorato solo un anno e mezzo, che cazzo vuoi?” Loro non hanno idea della fatica che si fa per farli andare alle convention in ordine e con la camicia stirata, e fargli trovare la cena a tavola quando tornano alla sera dal lavoro, e la casa in ordine, fare le conserve di pomodoro … Quindi, mi raccomando, non scordare mai la fatica che hai fatto per dare ordini alle cameriere, e resta ferma nella cifra di 43 milioni di euro.… Peccato, mi stavo anche divertendo a scrivere fino a qui. Fino a quando ho iniziato a rivolgermi al giornalista – parte che poi ho cancellato – per dirgli che forse le storie di tradimento e abbandono da raccontare dovrebbero essere quelle mie e delle tante, tantissime persone come me, a cui dopo aver sacrificato parte dell’esistenza non resta null’altro che il rammarico e la delusione. Avrei detto al giornalista che se si fosse guardato intorno, forse avrebbe compreso quanto ci si possa sentire oltraggiati, sapendo come sappiamo, che mentre c’è chi si domanda se domani mangerà, o per quanto potrà fare dignitosamente ricorso al “soccorso rosso”, c’è chi lotta per spartirsi il danaro sporco accumulato in una vita sporchissima e spesso a spese di tutti noi.
Brevemente: A me fa schifo (12 Febbraio 2010)
Brevemente: A me fa schifo (di Rita Pani)
'Faremo un'eccezione per chi porta belle ragazze''''per chi porta le belle ragazze possiamo fare un'eccezione''Due dichiarazioni umoristiche del vostro presidente del consiglio, simpatico come una colonscopia, durante un incontro bilaterale Italia Albania.È evidente che lui, in qualità di miglior utilizzatore finale degli ultimi 150 anni, non si sia mai posto il problema, mentre pagava per una prestazione sessuale, quale dramma si celi dietro la prostituzione albanese. È facile che non sappia quante giovani donne albanesi sono morte ammazzate nell’ultimo decennio in Italia. Non sa, perché non se ne è mai interessato, delle bambine rapite in Albania, per essere rivendute in Italia a maiali come lui, camuffate da giovani donne.Non è da compatire, tanto meno da scusare, come fosse il vecchio nonno un po’ andato di testa, che provoca imbarazzo emettendo flatulenze a tavola. È solo un idiota, convinto davvero di poter dar fiato alla bocca senza pensare, convinto anche di essere sempre in mezzo a suoi pari, magnaccia, mafiosi e criminali, ad una rappresentazione al Bagaglino.A me quest’essere fa schifo.
'Faremo un'eccezione per chi porta belle ragazze''''per chi porta le belle ragazze possiamo fare un'eccezione''Due dichiarazioni umoristiche del vostro presidente del consiglio, simpatico come una colonscopia, durante un incontro bilaterale Italia Albania.È evidente che lui, in qualità di miglior utilizzatore finale degli ultimi 150 anni, non si sia mai posto il problema, mentre pagava per una prestazione sessuale, quale dramma si celi dietro la prostituzione albanese. È facile che non sappia quante giovani donne albanesi sono morte ammazzate nell’ultimo decennio in Italia. Non sa, perché non se ne è mai interessato, delle bambine rapite in Albania, per essere rivendute in Italia a maiali come lui, camuffate da giovani donne.Non è da compatire, tanto meno da scusare, come fosse il vecchio nonno un po’ andato di testa, che provoca imbarazzo emettendo flatulenze a tavola. È solo un idiota, convinto davvero di poter dar fiato alla bocca senza pensare, convinto anche di essere sempre in mezzo a suoi pari, magnaccia, mafiosi e criminali, ad una rappresentazione al Bagaglino.A me quest’essere fa schifo.
Guido non si tocca..le pensioni magari sì (12 Febbraio 2010)
Guido non si tocca..le pensioni magari sì (di Rita Pani)
Una commedia dell’equivoco, degna di Woody Allen in “Prendi i soldi e scappa”. “Apite con calma, vi tengo sotto giro.” Oggi ci si interroga: “Avrà detto ripassata o rilassata?” Quel che si sa, e che non dovremmo sapere, è che hanno preso i soldi e non sono nemmeno scappati, anzi attendevano sorridenti di poterne prendere altri, gentilmente offerti dallo stato alla Protezione Civile S.P.A. magari in occasione di una eventuale e prossima catastrofe naturale. Ma non è importante, in molti forum le persone dichiarano la loro curiosità: “Chi sarà Francesca?” E c’è persino – manco a dirlo – chi non crede ai problemi di lombo sciatalgia del factotum del Re: “È tutta invidia!”Tutto questo, anziché diventare un tassello del mosaico che raffigura questo stato malavitoso, finisce per essere solo un ritornello cantato fino allo sfinimento, così tanto a lungo che le parole paiono perdere il loro senso. L’invidia si aggiunge alla giustizia a orologeria, ai giudici comunisti che si dovrebbero vergognare, e il re diventa il buon padre di famiglia che al di sopra della legge impone: “Guido non si tocca.”Poi per fortuna arriva la neve. Sembra quasi un dono del cielo, a darci una tregua dopo l’incessante pioggia di merda. Nevica a Roma, nevica qua a Narni, nevica in tutta Italia e anche le pagine dei giornali si riempiono di fiocchi e di fotografie. E devi girare di tanto la rotellina del mouse per arrivare a leggere dei farmaci scaduti e sepolti in discariche abusive nel profondo nord d’Italia, della crisi raccontata per sommi capi dall’Istat, dell’assessore milanese del pdl arrestato perché ladro e tangentista, che assai più elegante dei suoi maestri della prima repubblica anziché infilare la tangente nelle mutande la portava dentro un pacchetto di sigarette.Come sempre ci lasciamo rapire, dalle noemi, dalle Brendone, dalle troie alla Farnesina, dalle patrizie, e si attende con ansia di dare un volto alla signora Francesca, che dubito molto possa somigliare a una lanciatrice di giavellotto della ex DDR, e concentrati come siamo nella ricerca del ridicolo, con un attaccamento cinico e sadico, non ci sforziamo abbastanza per ricercare il resto, sepolto oggi sotto la neve.Per esempio questa dichiarazione del protettore del consiglio: "al vertice europeo ho posto il problema dell'età pensionabile, visto che c'e' l'esigenza da parte di tutti". Se non fosse abbastanza chiaro, ha aggiunto: "Le pensioni stanno pesando sempre più bilanci di tutti gli stati".La sintesi è fin troppo semplice da fare, ma io non la farò. Non sia mai che traendo le dovute conclusioni io possa passare da invidiosa. (Per il comunismo ho fatto outing)
Una commedia dell’equivoco, degna di Woody Allen in “Prendi i soldi e scappa”. “Apite con calma, vi tengo sotto giro.” Oggi ci si interroga: “Avrà detto ripassata o rilassata?” Quel che si sa, e che non dovremmo sapere, è che hanno preso i soldi e non sono nemmeno scappati, anzi attendevano sorridenti di poterne prendere altri, gentilmente offerti dallo stato alla Protezione Civile S.P.A. magari in occasione di una eventuale e prossima catastrofe naturale. Ma non è importante, in molti forum le persone dichiarano la loro curiosità: “Chi sarà Francesca?” E c’è persino – manco a dirlo – chi non crede ai problemi di lombo sciatalgia del factotum del Re: “È tutta invidia!”Tutto questo, anziché diventare un tassello del mosaico che raffigura questo stato malavitoso, finisce per essere solo un ritornello cantato fino allo sfinimento, così tanto a lungo che le parole paiono perdere il loro senso. L’invidia si aggiunge alla giustizia a orologeria, ai giudici comunisti che si dovrebbero vergognare, e il re diventa il buon padre di famiglia che al di sopra della legge impone: “Guido non si tocca.”Poi per fortuna arriva la neve. Sembra quasi un dono del cielo, a darci una tregua dopo l’incessante pioggia di merda. Nevica a Roma, nevica qua a Narni, nevica in tutta Italia e anche le pagine dei giornali si riempiono di fiocchi e di fotografie. E devi girare di tanto la rotellina del mouse per arrivare a leggere dei farmaci scaduti e sepolti in discariche abusive nel profondo nord d’Italia, della crisi raccontata per sommi capi dall’Istat, dell’assessore milanese del pdl arrestato perché ladro e tangentista, che assai più elegante dei suoi maestri della prima repubblica anziché infilare la tangente nelle mutande la portava dentro un pacchetto di sigarette.Come sempre ci lasciamo rapire, dalle noemi, dalle Brendone, dalle troie alla Farnesina, dalle patrizie, e si attende con ansia di dare un volto alla signora Francesca, che dubito molto possa somigliare a una lanciatrice di giavellotto della ex DDR, e concentrati come siamo nella ricerca del ridicolo, con un attaccamento cinico e sadico, non ci sforziamo abbastanza per ricercare il resto, sepolto oggi sotto la neve.Per esempio questa dichiarazione del protettore del consiglio: "al vertice europeo ho posto il problema dell'età pensionabile, visto che c'e' l'esigenza da parte di tutti". Se non fosse abbastanza chiaro, ha aggiunto: "Le pensioni stanno pesando sempre più bilanci di tutti gli stati".La sintesi è fin troppo semplice da fare, ma io non la farò. Non sia mai che traendo le dovute conclusioni io possa passare da invidiosa. (Per il comunismo ho fatto outing)
Ripasso (11 Febbraio 2010)
Ripasso (di Rita Pani)
Ciao, sono stanca, sono arrivata ora. Senti, puoi mandarmi Mandingo che vorrei dargli una ripassata? Ah, no, non funziona così. Noi “atterriamo” al massimo su un divano e se siamo stanchi ci togliamo le scarpe e ci accontentiamo. Noi, quando avviene un terremoto che in meno di un minuto si porta via 308 vite, non ridiamo nel letto, pregustando il ricco piatto degli appalti truccati. Forse l’unica cosa che mi consola è di non aver ceduto alla tentazione di essere solidale inviando un euro col telefonino alla protezione civile. Sono orgogliosa di non aver contribuito a pagare Francesca, o i divani per la casa di qualche ladro, ristrutturata con i soldi pubblici, o di non aver contribuito a fornire una BMW serie 5 per un “bandito.”Vorrei riuscire a spiegare a un berlusconiano cosa significano le parole del loro padrone, quando dice che “i dipendenti pubblici” non devono ribellarsi allo stato. Vorrei spiegargli il senso di una frase che è l’ennesimo oltraggio alla democrazia, ma poi mi ricordo che non servirebbe a nulla, perché un berlusconiano non è attrezzato per comprendere e pensare.Sono stanca davvero, e quello che più mi spaventa è la forte comprensione che sento per chi alla fine decide di mettere fine a una vita che non ti promette nulla. Quale speranza può avere un paese incapace di reagire? Basta guardare lo sguardo vacuo dei politici che impostano la parvenza di serietà o di serenità davanti a una telecamera, ascoltare il cerchiobottismo delle loro dichiarazioni, l’inconsistenza dei loro contenuti per comprendere che siamo soli. Lo svilimento arriva quando uno si sente dire: “ Delbuono si è dimesso per molto meno” … Marrazzo si è dimesso per quel qualcosa in più, mentre il governo “blinda” bertolaso, e accusa “i dipendenti pubblici” (la magistratura) di non essere fedele al padrone al quale, tra l’altro, si deve l’instaurazione del nuovo corso erotomane sessuale.Ora alla Maddalena si sente la disperazione degli operai sardi, assunti in edilizia insieme agli schiavi rumeni, che hanno perso il lavoro promesso, che non sanno come tornare a casa e pagare l’affitto, semplicemente perché un terremoto col suo carico di morte e disperazione, ha servito su un piatto d’argento un giro di affari assai più ricco della ristrutturazione scenografica di un piccolo arcipelago già abbastanza devastato dall’invasore, negli anni. La loro fame e la loro disperazione a causa di una “corruzione gelatinosa” che ormai nel pacchetto da rubare non può mancare di contenere una troia.Ci sono le elezioni tra poco. Io voterò per “PIAZZALE LORETO”.
Ciao, sono stanca, sono arrivata ora. Senti, puoi mandarmi Mandingo che vorrei dargli una ripassata? Ah, no, non funziona così. Noi “atterriamo” al massimo su un divano e se siamo stanchi ci togliamo le scarpe e ci accontentiamo. Noi, quando avviene un terremoto che in meno di un minuto si porta via 308 vite, non ridiamo nel letto, pregustando il ricco piatto degli appalti truccati. Forse l’unica cosa che mi consola è di non aver ceduto alla tentazione di essere solidale inviando un euro col telefonino alla protezione civile. Sono orgogliosa di non aver contribuito a pagare Francesca, o i divani per la casa di qualche ladro, ristrutturata con i soldi pubblici, o di non aver contribuito a fornire una BMW serie 5 per un “bandito.”Vorrei riuscire a spiegare a un berlusconiano cosa significano le parole del loro padrone, quando dice che “i dipendenti pubblici” non devono ribellarsi allo stato. Vorrei spiegargli il senso di una frase che è l’ennesimo oltraggio alla democrazia, ma poi mi ricordo che non servirebbe a nulla, perché un berlusconiano non è attrezzato per comprendere e pensare.Sono stanca davvero, e quello che più mi spaventa è la forte comprensione che sento per chi alla fine decide di mettere fine a una vita che non ti promette nulla. Quale speranza può avere un paese incapace di reagire? Basta guardare lo sguardo vacuo dei politici che impostano la parvenza di serietà o di serenità davanti a una telecamera, ascoltare il cerchiobottismo delle loro dichiarazioni, l’inconsistenza dei loro contenuti per comprendere che siamo soli. Lo svilimento arriva quando uno si sente dire: “ Delbuono si è dimesso per molto meno” … Marrazzo si è dimesso per quel qualcosa in più, mentre il governo “blinda” bertolaso, e accusa “i dipendenti pubblici” (la magistratura) di non essere fedele al padrone al quale, tra l’altro, si deve l’instaurazione del nuovo corso erotomane sessuale.Ora alla Maddalena si sente la disperazione degli operai sardi, assunti in edilizia insieme agli schiavi rumeni, che hanno perso il lavoro promesso, che non sanno come tornare a casa e pagare l’affitto, semplicemente perché un terremoto col suo carico di morte e disperazione, ha servito su un piatto d’argento un giro di affari assai più ricco della ristrutturazione scenografica di un piccolo arcipelago già abbastanza devastato dall’invasore, negli anni. La loro fame e la loro disperazione a causa di una “corruzione gelatinosa” che ormai nel pacchetto da rubare non può mancare di contenere una troia.Ci sono le elezioni tra poco. Io voterò per “PIAZZALE LORETO”.
Cronaca nera (10 Febbraio 2010)
Cronaca nera (di Rita Pani)
I Compagni Giudici della cellula di Firenze hanno inferto un nuovo colpo allo stato arrestando il numero due della Protezione Civile, ora presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. … Devo smetterla però di aprire così i miei post. Finirà che il TG1 mi fotte l’idea senza neppure pagarmi i diritti.Insomma, avevo provato a spiegare giorni fa il vero intento celato dietro la privatizzazione della Protezione Civile, e la frettolosa volontà di nominare bertolaso ministro. Non rivendico il merito, per carità! È talmente banale lo svolgimento delle italiche faccende, che intuire non ci fa sembrare più intelligenti, ma semmai ancor più stupidi.Se non bastasse questo a comprendere lo stato di degrado criminale che ci governa, si potrebbe aggiungere un’altra notizia fresca, fresca: hanno approvato la localizzazione dei siti per il nucleare e il decreto d’esercizio. “Con la prossima nascita dell'Agenzia per la sicurezza nucleare e la predisposizione della strategia nucleare, gli operatori potranno proporre i siti per la realizzazione degli impianti e presentare i progetti per le relative autorizzazioni.”A dare inquietudine è l’utilizzo del termine sicurezza. Qualcuno sarà portato a pensare che significa “tranquillità” per noi cittadini, impianti sicuri che producono aria di montagna e acqua di sorgente, oltre che l’energia che ci farà lavorare e risparmiare. Invece significa solamente che di tutto lo scempio che verrà, di danaro e di territori devastati, noi non dovremo sapere nulla. Sicurezza, in questo caso, significa l’impedimento della protesta civile, della nostra ferrea opposizione.Come per la Maddalena, il Ponte sullo Stretto, la ricostruzione dell’Aquila (avete capito ora perché si ebbe necessità di militarizzare il territorio?) il danaro pubblico uscirà dalle casse dello stato per andare a riempire le tasche dei soliti noti, quelli come Impregilo, per intenderci. Probabilmente assisteremo a molte pose di molte prime pietre, che resteranno là a futura memoria, e che tra una ventina d’anni produrranno materiale per studio e inchieste sul malaffare istituzionalizzato che sta caratterizzando questo barbaro periodo storico.Volendo appesantire ancor di più la giornata di oggi, già nata triste per conto suo, mettiamoci anche che è di ieri la decisione di sospendere le trasmissioni a carattere politico un mese prima delle prossime elezioni, e avremo fatto tombola! E non illudetevi, non si potranno fare davvero, anche se alla fine si parlasse solo e soltanto di cronaca nera. Mai nulla, in Italia, fu più politico.
I Compagni Giudici della cellula di Firenze hanno inferto un nuovo colpo allo stato arrestando il numero due della Protezione Civile, ora presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. … Devo smetterla però di aprire così i miei post. Finirà che il TG1 mi fotte l’idea senza neppure pagarmi i diritti.Insomma, avevo provato a spiegare giorni fa il vero intento celato dietro la privatizzazione della Protezione Civile, e la frettolosa volontà di nominare bertolaso ministro. Non rivendico il merito, per carità! È talmente banale lo svolgimento delle italiche faccende, che intuire non ci fa sembrare più intelligenti, ma semmai ancor più stupidi.Se non bastasse questo a comprendere lo stato di degrado criminale che ci governa, si potrebbe aggiungere un’altra notizia fresca, fresca: hanno approvato la localizzazione dei siti per il nucleare e il decreto d’esercizio. “Con la prossima nascita dell'Agenzia per la sicurezza nucleare e la predisposizione della strategia nucleare, gli operatori potranno proporre i siti per la realizzazione degli impianti e presentare i progetti per le relative autorizzazioni.”A dare inquietudine è l’utilizzo del termine sicurezza. Qualcuno sarà portato a pensare che significa “tranquillità” per noi cittadini, impianti sicuri che producono aria di montagna e acqua di sorgente, oltre che l’energia che ci farà lavorare e risparmiare. Invece significa solamente che di tutto lo scempio che verrà, di danaro e di territori devastati, noi non dovremo sapere nulla. Sicurezza, in questo caso, significa l’impedimento della protesta civile, della nostra ferrea opposizione.Come per la Maddalena, il Ponte sullo Stretto, la ricostruzione dell’Aquila (avete capito ora perché si ebbe necessità di militarizzare il territorio?) il danaro pubblico uscirà dalle casse dello stato per andare a riempire le tasche dei soliti noti, quelli come Impregilo, per intenderci. Probabilmente assisteremo a molte pose di molte prime pietre, che resteranno là a futura memoria, e che tra una ventina d’anni produrranno materiale per studio e inchieste sul malaffare istituzionalizzato che sta caratterizzando questo barbaro periodo storico.Volendo appesantire ancor di più la giornata di oggi, già nata triste per conto suo, mettiamoci anche che è di ieri la decisione di sospendere le trasmissioni a carattere politico un mese prima delle prossime elezioni, e avremo fatto tombola! E non illudetevi, non si potranno fare davvero, anche se alla fine si parlasse solo e soltanto di cronaca nera. Mai nulla, in Italia, fu più politico.
E non succede niente (10 Febbraio 2010)
E non succede niente (di Rita Pani)
L’Italia diventa pian piano un paese di disperati, le persone si danno fuoco, si impiccano nei parchi pubblici, perché non sanno più come fare a vivere, e non succede niente.Gli operai sfilano per le strade delle loro città, arrivano a Roma dalla Sardegna, vengono picchiati dalla polizia e non succede niente.Di fatto si nega l’accesso all’istruzione per le fasce meno abbienti della società, di fatto si nega il diritto costituzionale allo studio, ma non succede niente.Nelle aule dei tribunali, si parla chiaramente di uno stato associato alla mafia, si fanno nomi, si citano date, si elencano fatti, si mostrano documenti, ma non succede niente.Un comitato d’affari si spartisce la gestione della cosa pubblica, negando il diritto alla trasparenza con tecnicismi degni delle più capaci cupole del malaffare. Si privatizzano i ministeri, accentrando il potere e il danaro nelle mani di un uomo solo, e non succede nulla.Ogni assassino che si rispetti, si sente in dovere di dichiarare davanti a un microfono, fuori dal tribunale dopo una pesante condanna: “sono tranquillo, mi aspettavo questa sentenza!” e anche a lui sembra che non sia capitato niente. Anzi, male che vada sarà ospite in TV.La volontà espressa dai cittadini per mezzo dei referendum vengono spazzate via dall’arroganza dello stato padrone, e si parla di nucleare, e si parla di immunità parlamentare. Non succede niente.Le grandi aziende dei grandi abusi, i morti ammazzati che devono ancora morire per la gestione dell’inquinamento che crea danaro, che inquina le falde acquifere, inquina il cibo che diamo ai nostri figli, sono in mano agli stessi che poi ricostruiscono le città crollate dopo un terremoto, e che forse loro stessi avevano costruito, che guidano i centri del potere economico che si arricchisce mentre gli operai si ammazzano. E nemmeno ci accorgiamo che non succede niente.Ma se la Lazio è terzultima in classifica, allora scoppia la rivoluzione, e si tirano le bombe, e si fa la guerra con la polizia.
L’Italia diventa pian piano un paese di disperati, le persone si danno fuoco, si impiccano nei parchi pubblici, perché non sanno più come fare a vivere, e non succede niente.Gli operai sfilano per le strade delle loro città, arrivano a Roma dalla Sardegna, vengono picchiati dalla polizia e non succede niente.Di fatto si nega l’accesso all’istruzione per le fasce meno abbienti della società, di fatto si nega il diritto costituzionale allo studio, ma non succede niente.Nelle aule dei tribunali, si parla chiaramente di uno stato associato alla mafia, si fanno nomi, si citano date, si elencano fatti, si mostrano documenti, ma non succede niente.Un comitato d’affari si spartisce la gestione della cosa pubblica, negando il diritto alla trasparenza con tecnicismi degni delle più capaci cupole del malaffare. Si privatizzano i ministeri, accentrando il potere e il danaro nelle mani di un uomo solo, e non succede nulla.Ogni assassino che si rispetti, si sente in dovere di dichiarare davanti a un microfono, fuori dal tribunale dopo una pesante condanna: “sono tranquillo, mi aspettavo questa sentenza!” e anche a lui sembra che non sia capitato niente. Anzi, male che vada sarà ospite in TV.La volontà espressa dai cittadini per mezzo dei referendum vengono spazzate via dall’arroganza dello stato padrone, e si parla di nucleare, e si parla di immunità parlamentare. Non succede niente.Le grandi aziende dei grandi abusi, i morti ammazzati che devono ancora morire per la gestione dell’inquinamento che crea danaro, che inquina le falde acquifere, inquina il cibo che diamo ai nostri figli, sono in mano agli stessi che poi ricostruiscono le città crollate dopo un terremoto, e che forse loro stessi avevano costruito, che guidano i centri del potere economico che si arricchisce mentre gli operai si ammazzano. E nemmeno ci accorgiamo che non succede niente.Ma se la Lazio è terzultima in classifica, allora scoppia la rivoluzione, e si tirano le bombe, e si fa la guerra con la polizia.
L'universitò del pensiero liberale (09 Febbraio 2010)
L'universitò del pensiero liberale (di Rita Pani)
La notizia non è tanto quella che il palazzinaro del consiglio abbia inaugurato un’altra magione in Brianza, ma semmai che la stessa verrà adibita anche a sede dell’ “Università del pensiero liberale.” Me la figuro, ricca e piena di futuri robot berlusconizzati, doppio petto blu e cravatte Regimental per i maschietti, tubini neri e poco trucco per le aspiranti ministre. Una sorta di “Frattocchie” al contrario, nel quale si entra decerebrati e si esce dottori liberal pensatori.È un sogno che il megalomane rincorre da tempo, e finalmente – anche noi, che in fondo amiamo essere cinici e bastardi – vediamo realizzarsi. Mi chiedevo per esempio quali potessero essere gli indirizzi di studio, e in effetti qualcuno mi viene in mente, ma è troppo volgare perché si possa scrivere. Insegnare il pensiero liberale applicato alla mafia, economia e tecnica dell’evasione fiscale liberale? Indubbiamente, per insegnare il pensiero liberale si dovrà fare ricorso alla storia, che sarà studiata sui sacri testi patinati scritti ed editi dallo stesso padrone dell’Università brianzola, dove si prediligeranno immagini taroccate del tizio del consiglio più tarocco degli ultimi 150 anni: “L’uomo dei miracoli.”Qualche sera fa stavo in un’osteria in compagnia di un amico; arrivati abbastanza presto eravamo gli unici avventori, e mi veniva spiegata la storia di quel locale. Pare che fosse di proprietà di una ballerina un po’ troia che aveva fatto i soldi essendo passata dal letto del duce (un po’ come molte ministre del nostro tempo), ereditato in seguito da un nipote, esponente del pdl (quando si dice la gratitudine per gli avi), che aveva deciso di aprire l’osteria dedicandola col nome, alla memoria della parente ormai morta e consumata da tempo. Sprecavamo le battute guardando le immagini della baldracca sparse ovunque e con poca cura, quando all’improvviso entra una donna abbastanza giovane. Mi è bastato uno sguardo per comprendere che probabilmente anche lei doveva essere stata una parente: le movenze non mentono mai.Dopo qualche minuto, anche la tavolata accanto alla nostra si è composta e ci è voluto meno di un minuti per capire che tutta la gentaglia seduta accanto a noi era berlusconiana; prima ancora che aprissero bocca. Vecchi impomatati, donne in nero e strass (che all’osteria ci sta proprio bene) e il capotavola, doppiopetto blu e cravatta Regimental. La cosa tragica era che lo avevo proprio di fronte, e preso dal suo discorso, quasi un comizio, sembrava quasi certo di convincere anche me, col suo sorriso prestampato e qualche ammiccamento. “Famiglia, territorio, conquistare il territorio, famiglia, amore e odio.” A loro l’amore, ovviamente, mentre al PD restava l’odio.Quando la persona che mi accompagnava ha capito che non restava più troppo tempo perché io rovesciassi il tavolo, siamo andati via concordando sul fatto che per forza di cose, doveva essere un conciliabolo di berlusconiani. E la riprova l’ho avuta l’altro giorno, quando lo stesso sorriso ammiccante e un po’ da maiale, e senza nemmeno una della miriade di rughe che segnavano il suo volto all’osteria, mi si è fatto incontro da un manifesto appeso per strada; anche questo con un chiaro riferimento alla famiglia.Allora ora mi chiedevo: se ora che ancora non hanno studiato nella prestigiosa università del pensiero liberale, sono così inclini ad essere uno fotocopia dell’altro, cosa ci riserverà il futuro tra soli tre anni?
La notizia non è tanto quella che il palazzinaro del consiglio abbia inaugurato un’altra magione in Brianza, ma semmai che la stessa verrà adibita anche a sede dell’ “Università del pensiero liberale.” Me la figuro, ricca e piena di futuri robot berlusconizzati, doppio petto blu e cravatte Regimental per i maschietti, tubini neri e poco trucco per le aspiranti ministre. Una sorta di “Frattocchie” al contrario, nel quale si entra decerebrati e si esce dottori liberal pensatori.È un sogno che il megalomane rincorre da tempo, e finalmente – anche noi, che in fondo amiamo essere cinici e bastardi – vediamo realizzarsi. Mi chiedevo per esempio quali potessero essere gli indirizzi di studio, e in effetti qualcuno mi viene in mente, ma è troppo volgare perché si possa scrivere. Insegnare il pensiero liberale applicato alla mafia, economia e tecnica dell’evasione fiscale liberale? Indubbiamente, per insegnare il pensiero liberale si dovrà fare ricorso alla storia, che sarà studiata sui sacri testi patinati scritti ed editi dallo stesso padrone dell’Università brianzola, dove si prediligeranno immagini taroccate del tizio del consiglio più tarocco degli ultimi 150 anni: “L’uomo dei miracoli.”Qualche sera fa stavo in un’osteria in compagnia di un amico; arrivati abbastanza presto eravamo gli unici avventori, e mi veniva spiegata la storia di quel locale. Pare che fosse di proprietà di una ballerina un po’ troia che aveva fatto i soldi essendo passata dal letto del duce (un po’ come molte ministre del nostro tempo), ereditato in seguito da un nipote, esponente del pdl (quando si dice la gratitudine per gli avi), che aveva deciso di aprire l’osteria dedicandola col nome, alla memoria della parente ormai morta e consumata da tempo. Sprecavamo le battute guardando le immagini della baldracca sparse ovunque e con poca cura, quando all’improvviso entra una donna abbastanza giovane. Mi è bastato uno sguardo per comprendere che probabilmente anche lei doveva essere stata una parente: le movenze non mentono mai.Dopo qualche minuto, anche la tavolata accanto alla nostra si è composta e ci è voluto meno di un minuti per capire che tutta la gentaglia seduta accanto a noi era berlusconiana; prima ancora che aprissero bocca. Vecchi impomatati, donne in nero e strass (che all’osteria ci sta proprio bene) e il capotavola, doppiopetto blu e cravatta Regimental. La cosa tragica era che lo avevo proprio di fronte, e preso dal suo discorso, quasi un comizio, sembrava quasi certo di convincere anche me, col suo sorriso prestampato e qualche ammiccamento. “Famiglia, territorio, conquistare il territorio, famiglia, amore e odio.” A loro l’amore, ovviamente, mentre al PD restava l’odio.Quando la persona che mi accompagnava ha capito che non restava più troppo tempo perché io rovesciassi il tavolo, siamo andati via concordando sul fatto che per forza di cose, doveva essere un conciliabolo di berlusconiani. E la riprova l’ho avuta l’altro giorno, quando lo stesso sorriso ammiccante e un po’ da maiale, e senza nemmeno una della miriade di rughe che segnavano il suo volto all’osteria, mi si è fatto incontro da un manifesto appeso per strada; anche questo con un chiaro riferimento alla famiglia.Allora ora mi chiedevo: se ora che ancora non hanno studiato nella prestigiosa università del pensiero liberale, sono così inclini ad essere uno fotocopia dell’altro, cosa ci riserverà il futuro tra soli tre anni?
Lo scacchista (08 Febbraio 2010)
Lo scacchista (di Rita Pani)
A Battipaglia quattro operai dell’Alcatel che non sanno che fine faranno, minacciando di darsi fuoco. Mi fa male pensare che sia questa, ora, la lotta operaia. Mi fa male pensare che si arrivi a scendere dai tetti, per cospargersi di benzina e minacciare di darsi fuoco. Non ha senso, perché tanto chi in teoria dovrebbe essere chiamato a pagare per la vostra morte, non solo resterà impunito, ma continuerà a vivere e distruggere, senza portarvi nella propria coscienza.C’è molto di più di quello che ci si fermi a guardare in quest’Italia incancrenita, dove il governo anziché governare, si impegna a giocare una partita a scacchi con la vita di tutti noi. La riforma della giustizia, per esempio, andrebbe guardata ben più a fondo andando oltre alle parole di un giovane ministro che ha fatto carriera passandosi in mano le carte siciliane del re, o i suoi avvocati che scrivono le leggi su misura. E’ solo una mossa dell’alfiere, in attesa della risposta dell’altro scacchista, di volta in volta il popolo sovrano, la Consulta o il Presidente della Repubblica.Lo scacchista studia la sua mossa e prevede quelle del suo avversario e prepara la sua strategia.Si deve difendere dai reati commessi, ma nello stesso tempo studia come non ritrovarsi più in fallo, e per gratitudine non vorrà sacrificare più nemmeno un pedone. Questo è il senso della nuova, silente operazione di privatizzazione di ogni singolo apparato dello Stato partendo dai ministeri.L’esercito, la protezione civile, e ora i beni culturali passeranno alla gestione segreta e privata di un piccolo conciliabolo di fedeli servitori, per dare vita alla libera e non più punibile circolazione del danaro pubblico. Perché mai ritrovarsi una volta ancora a dover rispondere di corruzione, peculato, interesse privato come sta accadendo, per esempio, con lo scempio della Maddalena? Perché rischiare di doversi trovare nuovamente di fronte a fenomeni come i No Tav, o i No Dal Molin, quando si fingerà di costruire centrali nucleari? Perché rischiare che un giudice comunista eversore vada a ficcare il naso negli appalti truccati, e nello sperpero di danaro pubblico? Meglio allora rendere tutto “una questione privata”, dove non sarà più fatto obbligo di rendere conto a nessuno.I nostri slogan, sono vecchi rispetto a questo nuovo modo di devastare la politica. Noi stiamo ancora fermi a chiedere “pane e lavoro”, “giustizia e legalità”, “libertà e democrazia”, mentre dovremmo iniziare a lottare per riprenderci lo stato. Siamo agli albori di una nuova stagione, quella della libertà di ladrocinio, che ci priverà degli ultimi diritti acquisiti con più di mezzo secolo di democrazia. Un segnale inquietante sono le informazioni della scuola, reperibili prima sul canale privato della gelmini su youtube, che non sul sito del ministero, e dopo toccherà alla sanità altro settore capace di garantire facili e lauti guadagni per i pochi eletti che da anni si spartiscono il potere di farci morire senza nemmeno dignità.Non possiamo lasciare che questi quattro malavitosi, trasformino l’intero stato in una loro azienda privata.
A Battipaglia quattro operai dell’Alcatel che non sanno che fine faranno, minacciando di darsi fuoco. Mi fa male pensare che sia questa, ora, la lotta operaia. Mi fa male pensare che si arrivi a scendere dai tetti, per cospargersi di benzina e minacciare di darsi fuoco. Non ha senso, perché tanto chi in teoria dovrebbe essere chiamato a pagare per la vostra morte, non solo resterà impunito, ma continuerà a vivere e distruggere, senza portarvi nella propria coscienza.C’è molto di più di quello che ci si fermi a guardare in quest’Italia incancrenita, dove il governo anziché governare, si impegna a giocare una partita a scacchi con la vita di tutti noi. La riforma della giustizia, per esempio, andrebbe guardata ben più a fondo andando oltre alle parole di un giovane ministro che ha fatto carriera passandosi in mano le carte siciliane del re, o i suoi avvocati che scrivono le leggi su misura. E’ solo una mossa dell’alfiere, in attesa della risposta dell’altro scacchista, di volta in volta il popolo sovrano, la Consulta o il Presidente della Repubblica.Lo scacchista studia la sua mossa e prevede quelle del suo avversario e prepara la sua strategia.Si deve difendere dai reati commessi, ma nello stesso tempo studia come non ritrovarsi più in fallo, e per gratitudine non vorrà sacrificare più nemmeno un pedone. Questo è il senso della nuova, silente operazione di privatizzazione di ogni singolo apparato dello Stato partendo dai ministeri.L’esercito, la protezione civile, e ora i beni culturali passeranno alla gestione segreta e privata di un piccolo conciliabolo di fedeli servitori, per dare vita alla libera e non più punibile circolazione del danaro pubblico. Perché mai ritrovarsi una volta ancora a dover rispondere di corruzione, peculato, interesse privato come sta accadendo, per esempio, con lo scempio della Maddalena? Perché rischiare di doversi trovare nuovamente di fronte a fenomeni come i No Tav, o i No Dal Molin, quando si fingerà di costruire centrali nucleari? Perché rischiare che un giudice comunista eversore vada a ficcare il naso negli appalti truccati, e nello sperpero di danaro pubblico? Meglio allora rendere tutto “una questione privata”, dove non sarà più fatto obbligo di rendere conto a nessuno.I nostri slogan, sono vecchi rispetto a questo nuovo modo di devastare la politica. Noi stiamo ancora fermi a chiedere “pane e lavoro”, “giustizia e legalità”, “libertà e democrazia”, mentre dovremmo iniziare a lottare per riprenderci lo stato. Siamo agli albori di una nuova stagione, quella della libertà di ladrocinio, che ci priverà degli ultimi diritti acquisiti con più di mezzo secolo di democrazia. Un segnale inquietante sono le informazioni della scuola, reperibili prima sul canale privato della gelmini su youtube, che non sul sito del ministero, e dopo toccherà alla sanità altro settore capace di garantire facili e lauti guadagni per i pochi eletti che da anni si spartiscono il potere di farci morire senza nemmeno dignità.Non possiamo lasciare che questi quattro malavitosi, trasformino l’intero stato in una loro azienda privata.
E rispondo alle vostre domande (06 Febbraio 2010)
E rispondo alle vostre domande (di Rita Pani)
Di solito, quando devo scrivere il post per il mio blog, apro questa pagina bianca che sembra riempirsi come una pozza di pioggia. Oggi è diverso, le parole si formano con tutta la lentezza che mi dà la difficoltà di parlare di me. In più di dieci anni di blog, non è mai stata abitudine riversare in pubblico i dolori privati, sebbene nonostante i miei modi schivi e “cinghialeschi”, non sempre sia riuscita a nascondere del tutto sia la gioia che la mestizia. Ultimamente, soprattutto utilizzando Facebook, la corazza da cinghiale è venuta un po’ meno, facendomi scoprire una realtà di affetto e stima che dubito persino di meritare.Capita perciò che oggi, mi ritrovi nell’impossibilità di rispondere a tutti coloro che mi chiedono quale sia “il problema” e se ci sia qualcosa che si possa fare per me. Da qui la necessità di questo faticosissimo post.In fondo il mio problema è quello che vivono milioni di donne senza tutela, che hanno impegnato parte della loro vita, tentando di costruire “vita comune” – sia essa dettata da un sentimento, o semplicemente dall’ideale e dal senso del dovere. Da un giorno all’altro capita di ritrovarsi da sole, senza aver nulla a pretendere, e soprattutto calpestate dall’arroganza di chi se ne va, insalutato ospite, con la coda tra le gambe, la coscienza mefitica e il senso di colpa.Questo è quello che è capitato a molte, questo è quello che sta capitando a me, e questo è quello che sto cercando di affrontare e che in questi giorni mi ha fatto forse esagerare un po’ (nel social network) nel lasciarmi andare a dolorose esternazioni, forse a riprova che dietro il cinghiale, in fondo stava nascosta solo una persona.In questo momento di abbattimento morale, non mi aiuta forse avere presente la realtà della vita, non mi è di conforto “il sapere”. Avere contezza della difficoltà che mi attende a trovare un lavoro (gran brutto momento), di aggravare ancor di più i canoni già magri da sempre della mia sopravvivenza spicciola, non aiuta ad avere illusioni di un futuro sereno e roseo, ma quello che invece mi ha sempre aiutato e sostenuto è proprio il vostro affetto e la vostra stima, espressa non solo dalle persone “poche ma buonissime” che in qualche modo fanno parte della mia vita, ma anche da coloro di cui non ho imparato il viso o di cui conosco solo un nik name.Non mi chiedete più “cosa posso fare per te”, perché non accetterei e non vorrei nulla di più di quanto già state facendo, persino con le poesie che trovo al mattino nella mia posta, con le gif colorate, con abbracci e baci sparsi, con i vostri “grazie” che mi danno anche il senso di utilità.Mi hanno insegnato che tutto ciò che è onesto è anche dignitoso, e per questo sono sicura che alla fine troverò un lavoro qualunque che possa permettermi ancora di continuare a fare quel che davvero, non vorrei mai smettere di fare: scrivere, sapendo che c’è chi ha il piacere di leggere le mie parole.Spero di essere stata capace di rispondere alle vostre domande, chiudo questa parentesi personale, mi rinfilo dentro la pelliccia da cinghiale e tornerò lunedì più decisa che mai.Ancora grazie infinite a tutti voi, e una piccola preghiera soprattutto per i lettori su Facebook: non commentate questo post.
Di solito, quando devo scrivere il post per il mio blog, apro questa pagina bianca che sembra riempirsi come una pozza di pioggia. Oggi è diverso, le parole si formano con tutta la lentezza che mi dà la difficoltà di parlare di me. In più di dieci anni di blog, non è mai stata abitudine riversare in pubblico i dolori privati, sebbene nonostante i miei modi schivi e “cinghialeschi”, non sempre sia riuscita a nascondere del tutto sia la gioia che la mestizia. Ultimamente, soprattutto utilizzando Facebook, la corazza da cinghiale è venuta un po’ meno, facendomi scoprire una realtà di affetto e stima che dubito persino di meritare.Capita perciò che oggi, mi ritrovi nell’impossibilità di rispondere a tutti coloro che mi chiedono quale sia “il problema” e se ci sia qualcosa che si possa fare per me. Da qui la necessità di questo faticosissimo post.In fondo il mio problema è quello che vivono milioni di donne senza tutela, che hanno impegnato parte della loro vita, tentando di costruire “vita comune” – sia essa dettata da un sentimento, o semplicemente dall’ideale e dal senso del dovere. Da un giorno all’altro capita di ritrovarsi da sole, senza aver nulla a pretendere, e soprattutto calpestate dall’arroganza di chi se ne va, insalutato ospite, con la coda tra le gambe, la coscienza mefitica e il senso di colpa.Questo è quello che è capitato a molte, questo è quello che sta capitando a me, e questo è quello che sto cercando di affrontare e che in questi giorni mi ha fatto forse esagerare un po’ (nel social network) nel lasciarmi andare a dolorose esternazioni, forse a riprova che dietro il cinghiale, in fondo stava nascosta solo una persona.In questo momento di abbattimento morale, non mi aiuta forse avere presente la realtà della vita, non mi è di conforto “il sapere”. Avere contezza della difficoltà che mi attende a trovare un lavoro (gran brutto momento), di aggravare ancor di più i canoni già magri da sempre della mia sopravvivenza spicciola, non aiuta ad avere illusioni di un futuro sereno e roseo, ma quello che invece mi ha sempre aiutato e sostenuto è proprio il vostro affetto e la vostra stima, espressa non solo dalle persone “poche ma buonissime” che in qualche modo fanno parte della mia vita, ma anche da coloro di cui non ho imparato il viso o di cui conosco solo un nik name.Non mi chiedete più “cosa posso fare per te”, perché non accetterei e non vorrei nulla di più di quanto già state facendo, persino con le poesie che trovo al mattino nella mia posta, con le gif colorate, con abbracci e baci sparsi, con i vostri “grazie” che mi danno anche il senso di utilità.Mi hanno insegnato che tutto ciò che è onesto è anche dignitoso, e per questo sono sicura che alla fine troverò un lavoro qualunque che possa permettermi ancora di continuare a fare quel che davvero, non vorrei mai smettere di fare: scrivere, sapendo che c’è chi ha il piacere di leggere le mie parole.Spero di essere stata capace di rispondere alle vostre domande, chiudo questa parentesi personale, mi rinfilo dentro la pelliccia da cinghiale e tornerò lunedì più decisa che mai.Ancora grazie infinite a tutti voi, e una piccola preghiera soprattutto per i lettori su Facebook: non commentate questo post.
sabato 6 febbraio 2010
Il tempo in cui viviamo (05 Febbraio 2010)
Il tempo in cui viviamo (di Rita Pani)
È il tempo in cui viviamo, e soprattutto è il modo in cui si vive. Quando chiude una fabbrica ci si incazza e poi ci si rassegna, e quando al posto della fabbrica apre un centro commerciale si va almeno all’inaugurazione. Si rimedia un palloncino gratis per il bimbo, una tartina col formaggio e pure un caffè. Per questo, in fondo, ho preferito ridere di fronte alla vetrina di un cassamortaro che esponeva i gadget mortuari di San Valentino. L’orsetto “mi manchi”, il cero rosso, il portafiori bianco col cuore, fanno parte di questo mondo perduto, nel quale ormai si è incapaci di essere individui, e si lotta per restare consumatori, fino alla morte e anche oltre.
La rivoluzione sarebbe andare contro tendenza, farsi seppellire in una scatoletta di legno riciclato, senza fiori ma con opere di bene, sposarsi nel modo in cui si va a richiedere un documento all’anagrafe, mangiare comprando dai contadini, vestirsi con gli abiti smessi dell’amica che si è ingrassata o dimagrita. Togliere l’ossigeno a chi ci ha trasformato in codici a barre togliendoci l’umanità.
Ma non è così che funziona, e non è così che si educano i figli, e non è così’ che ci si sente idonei ad affrontare il tempo in cui viviamo. I ragazzini baciano per ricevere falsi dollari da tramutare in capi firmati. Le ragazzine spediscono mms delle loro parti intime per una ricarica telefonica, si prostituiscono per pagarsi la cocaina. Le donne preferiscono non mangiare – che la dieta fa sempre bene – per entrare in orridi calzoni dalle gambe mozzate che pagano 200 euro, infilare i piedi in scarpe simili a strumenti di tortura. Non mangiano per una crema anti rughe che pure quella costa 200 euro.
Allora perché mai avrei dovuto rabbrividire dinnanzi all’orsetto “mi manchi?” o ai cuori rossi appesi alla porta del cassamortaro? È giusto che sia, fino a quando ci sarà qualche imbecille disposto a comprare, fino a quando per sentirti degno di stare al mondo non dovrai far altro che mostrare le foto di un viaggio che stai ancora pagando in comode rate da 40 euro al mese. È giusto che sia, fino a quando non si comprenderà che tagliando la scuola, lo stato aggiunge una linea nera al codice a barre impresso alla nascita su vostro figlio, fino a quando una madre anziché rabbrividire, sorriderà sentendo sua figlia dire “che da grande vorrà fare la velina”.
La nostra vita è scandita dal tempo in cui viviamo; un tempo in cui la politica si schiera a favore o contro Morgan (che mi sono informata e ora so chi è). Un tempo in cui mi tocca leggere sul giornale, che per Morgan, Livia Turco ha pianto.
… e io che di lacrime non ne ho più, continuo a perdere il senso di questo tempo che non riconosco …
È il tempo in cui viviamo, e soprattutto è il modo in cui si vive. Quando chiude una fabbrica ci si incazza e poi ci si rassegna, e quando al posto della fabbrica apre un centro commerciale si va almeno all’inaugurazione. Si rimedia un palloncino gratis per il bimbo, una tartina col formaggio e pure un caffè. Per questo, in fondo, ho preferito ridere di fronte alla vetrina di un cassamortaro che esponeva i gadget mortuari di San Valentino. L’orsetto “mi manchi”, il cero rosso, il portafiori bianco col cuore, fanno parte di questo mondo perduto, nel quale ormai si è incapaci di essere individui, e si lotta per restare consumatori, fino alla morte e anche oltre.
La rivoluzione sarebbe andare contro tendenza, farsi seppellire in una scatoletta di legno riciclato, senza fiori ma con opere di bene, sposarsi nel modo in cui si va a richiedere un documento all’anagrafe, mangiare comprando dai contadini, vestirsi con gli abiti smessi dell’amica che si è ingrassata o dimagrita. Togliere l’ossigeno a chi ci ha trasformato in codici a barre togliendoci l’umanità.
Ma non è così che funziona, e non è così che si educano i figli, e non è così’ che ci si sente idonei ad affrontare il tempo in cui viviamo. I ragazzini baciano per ricevere falsi dollari da tramutare in capi firmati. Le ragazzine spediscono mms delle loro parti intime per una ricarica telefonica, si prostituiscono per pagarsi la cocaina. Le donne preferiscono non mangiare – che la dieta fa sempre bene – per entrare in orridi calzoni dalle gambe mozzate che pagano 200 euro, infilare i piedi in scarpe simili a strumenti di tortura. Non mangiano per una crema anti rughe che pure quella costa 200 euro.
Allora perché mai avrei dovuto rabbrividire dinnanzi all’orsetto “mi manchi?” o ai cuori rossi appesi alla porta del cassamortaro? È giusto che sia, fino a quando ci sarà qualche imbecille disposto a comprare, fino a quando per sentirti degno di stare al mondo non dovrai far altro che mostrare le foto di un viaggio che stai ancora pagando in comode rate da 40 euro al mese. È giusto che sia, fino a quando non si comprenderà che tagliando la scuola, lo stato aggiunge una linea nera al codice a barre impresso alla nascita su vostro figlio, fino a quando una madre anziché rabbrividire, sorriderà sentendo sua figlia dire “che da grande vorrà fare la velina”.
La nostra vita è scandita dal tempo in cui viviamo; un tempo in cui la politica si schiera a favore o contro Morgan (che mi sono informata e ora so chi è). Un tempo in cui mi tocca leggere sul giornale, che per Morgan, Livia Turco ha pianto.
… e io che di lacrime non ne ho più, continuo a perdere il senso di questo tempo che non riconosco …
Studiare meno, studiare meglio (03 Febbraio 2010)
Studiare meno, studiare meglio (di Rita Pani)
Ho assistito a gran parte dello spettacolino di varietà della ministra per l’istruzione, accompagnata dal tizio inopportuno del consiglio. Presentavano lo show “Il miracolo della riforma della scuola” dalla sala del Tiepolo, il quadro famoso per l’impudica tetta fatta coprire dal maniaco sessuale del consiglio. Due o tre gag, devo ammetterlo, sono state davvero degne di ammirazione.
La prima raccontava di un Europa molto risentita per il fatto che in Italia le ore di studio sono troppe, e quindi lo slogan: “Studiare meno, studiare meglio.”
La seconda è stata quella in cui, la minitrsa più intelligente degli ultimi 150 anni ha assicurato il favore delle famiglie italiane e degli insegnanti tutti, verso questa storica riforma.
La terza, l’immancabile battuta del buffone del consiglio, che interrompendo in modo brusco e cafone – così come è uso fare – la ministro intenta a presentare l’innovativo liceo musicale, che dovrà tutelare la tradizione dell’Italia, famosa nel mondo non solo per la pizza, la mafia e il baffo nero ma anche il mandolino, rassicurava che non si sarebbero studiate le canzoni del presente del consiglio e del suo parcheggiatore abusivo.
Per orecchie disattente, insomma, poteva sembrare tracciata la strada per il raggiungimento dell’eldorado per tutti i giovani studenti italiani, anche coloro che d’ora in poi a 15 anni, grazie alla fattiva collaborazione di Confindustria, potranno scegliere se andare a lavorare gratis sotto padrone, fino al compimento del diciottesimo anno di età; data in cui, ovviamente, per le logiche del mercato, saranno licenziati per essere sostituiti da altra manovalanza a costo zero.
La ministra ci ha tenuto parecchio a sottolineare che la riforma non era ideologica, ma addirittura memore delle indicazioni dei governi precedenti e non solo dalla nefasta epoca della moratti. È andata ancora più indietro fino ai governi di sinistra, ai quali facilmente si potranno imputare le colpe di questa ennesima devastazione. Certo non è una riforma ideologica, perché per esempio con la mia ideologia sarei portata a rifarmi a ben altri esempi, tipo: “Studiare, studiare, studiare e dopo ancora studiare.” E soprattutto, il fatto di tagliare le ore di lezione non doveva significare che il governo “vuol fare cassa”.
Non essendomi mai fatta fregare dalle telepromozioni, io ho capito un poco quello che accadrà: in Italia a partire da quest’anno scolastico, si avranno due tipi di scuole. Quella per chi può pagare e quella per i poveri. Il tessuto sociale, soprattutto dei piccoli centri, verrà ulteriormente disgregato, creando la ghettizzazione nelle scuole pubbliche per i meno abbienti e gli extracomunitari, destinati a diventare carne da macello per il futuro sfruttamento imprenditoriale. Il resto si dividerà tra scuole private e paritarie, e la strada è già stata tracciata nel quasi totale silenzio, quando a queste sono stati aumentati i contributi di stato, mentre i figli dei comuni mortali, sono costretti a portarsi da casa non solo la carta igienica, ma addirittura il materiale didattico.
Insomma, in parole semplici, l’ennesima riforma della scuola trova un unico motivo d’applicazione: i poveri devono soccombere e sparire.
Ho assistito a gran parte dello spettacolino di varietà della ministra per l’istruzione, accompagnata dal tizio inopportuno del consiglio. Presentavano lo show “Il miracolo della riforma della scuola” dalla sala del Tiepolo, il quadro famoso per l’impudica tetta fatta coprire dal maniaco sessuale del consiglio. Due o tre gag, devo ammetterlo, sono state davvero degne di ammirazione.
La prima raccontava di un Europa molto risentita per il fatto che in Italia le ore di studio sono troppe, e quindi lo slogan: “Studiare meno, studiare meglio.”
La seconda è stata quella in cui, la minitrsa più intelligente degli ultimi 150 anni ha assicurato il favore delle famiglie italiane e degli insegnanti tutti, verso questa storica riforma.
La terza, l’immancabile battuta del buffone del consiglio, che interrompendo in modo brusco e cafone – così come è uso fare – la ministro intenta a presentare l’innovativo liceo musicale, che dovrà tutelare la tradizione dell’Italia, famosa nel mondo non solo per la pizza, la mafia e il baffo nero ma anche il mandolino, rassicurava che non si sarebbero studiate le canzoni del presente del consiglio e del suo parcheggiatore abusivo.
Per orecchie disattente, insomma, poteva sembrare tracciata la strada per il raggiungimento dell’eldorado per tutti i giovani studenti italiani, anche coloro che d’ora in poi a 15 anni, grazie alla fattiva collaborazione di Confindustria, potranno scegliere se andare a lavorare gratis sotto padrone, fino al compimento del diciottesimo anno di età; data in cui, ovviamente, per le logiche del mercato, saranno licenziati per essere sostituiti da altra manovalanza a costo zero.
La ministra ci ha tenuto parecchio a sottolineare che la riforma non era ideologica, ma addirittura memore delle indicazioni dei governi precedenti e non solo dalla nefasta epoca della moratti. È andata ancora più indietro fino ai governi di sinistra, ai quali facilmente si potranno imputare le colpe di questa ennesima devastazione. Certo non è una riforma ideologica, perché per esempio con la mia ideologia sarei portata a rifarmi a ben altri esempi, tipo: “Studiare, studiare, studiare e dopo ancora studiare.” E soprattutto, il fatto di tagliare le ore di lezione non doveva significare che il governo “vuol fare cassa”.
Non essendomi mai fatta fregare dalle telepromozioni, io ho capito un poco quello che accadrà: in Italia a partire da quest’anno scolastico, si avranno due tipi di scuole. Quella per chi può pagare e quella per i poveri. Il tessuto sociale, soprattutto dei piccoli centri, verrà ulteriormente disgregato, creando la ghettizzazione nelle scuole pubbliche per i meno abbienti e gli extracomunitari, destinati a diventare carne da macello per il futuro sfruttamento imprenditoriale. Il resto si dividerà tra scuole private e paritarie, e la strada è già stata tracciata nel quasi totale silenzio, quando a queste sono stati aumentati i contributi di stato, mentre i figli dei comuni mortali, sono costretti a portarsi da casa non solo la carta igienica, ma addirittura il materiale didattico.
Insomma, in parole semplici, l’ennesima riforma della scuola trova un unico motivo d’applicazione: i poveri devono soccombere e sparire.
Quel tizio non mi rappresenta (03 Febbraio 2010)
Quel tizio non mi rappresenta (di Rita Pani)
"Sono onorato, il mio Paese e' onorato di essere qui e di parlare in questo parlamento, che è il simbolo stesso della democrazia".
Buffone. Peccato che non abbia detto, al suo arrivo: “Finalmente son tornato nei posti della mia giovinezza, dove camminavo scalzo al fianco di mio padre, il falegname.” Non l’ha detto ma sono sicura che lo ha pensato, nel suo piccolo cervello deforme. Sarà onorato lui, e forse è onorato anche il suo paese di italioti, e per fortuna io mi sento apolide, e quel tizio non parla a mio nome.
Sappiamo bene che è ben strano il suo concetto di democrazia, e visti i figliocci che ha, se sente gli israeliani come suoi fratelli maggiori, se li tenga tutti. Se proprio dovessi scegliermi una famiglia, allora sarebbe quella palestinese, e avrei molti fratellini minori, quei bambini ammazzati dalla democrazia che dovrebbe darci l’esempio.
Ma lui s’intende anche di genocidi, sta studiando e apprendendo in fretta: si pensi al fatto che è riuscito a pagare Gheddafi (con i nostri soldi) per far sì che trovasse “la soluzione finale” per i flussi migratori. Le immagini dei cadaveri disseminati nel deserto libico, che a me hanno tolto il sonno, non gli hanno certo scalfito l’animo da buffone.
Mi sento dannatamente apolide, non faccio parte del popolo italiota di berlusconilandia, che ancora applaude quel ridicolo uomo che porta nel mondo l’immagine di sé stesso, in tutto il suo ridicolo splendore: “sono l’unico italiano che possiede un olivo di duemila anni … a volte scherzando dico ai miei ospiti, ben venuti nel mio Getsemani privato.” Non può rappresentarmi un imbonitore televisivo, incapace di metter insieme due frasi in inglese che non gli siano state scritte così come si pronunciano, alla maniera di Totti in uno spot pubblicitario, che conclude un intervento da statista con le parole: “Grazie d’esistere”. Ridicolo.
E per non parlare dei giornalisti al seguito (cito testuale sky tg 24) “… e ieri per un attimo, il presidente del consiglio, in occasione dell’incontro col Roma Club di Gerusalemme, ha vestito i panni del presidente del Milan …”
Ecco perché ribadisco: quelli non sono i miei presidenti!
"Sono onorato, il mio Paese e' onorato di essere qui e di parlare in questo parlamento, che è il simbolo stesso della democrazia".
Buffone. Peccato che non abbia detto, al suo arrivo: “Finalmente son tornato nei posti della mia giovinezza, dove camminavo scalzo al fianco di mio padre, il falegname.” Non l’ha detto ma sono sicura che lo ha pensato, nel suo piccolo cervello deforme. Sarà onorato lui, e forse è onorato anche il suo paese di italioti, e per fortuna io mi sento apolide, e quel tizio non parla a mio nome.
Sappiamo bene che è ben strano il suo concetto di democrazia, e visti i figliocci che ha, se sente gli israeliani come suoi fratelli maggiori, se li tenga tutti. Se proprio dovessi scegliermi una famiglia, allora sarebbe quella palestinese, e avrei molti fratellini minori, quei bambini ammazzati dalla democrazia che dovrebbe darci l’esempio.
Ma lui s’intende anche di genocidi, sta studiando e apprendendo in fretta: si pensi al fatto che è riuscito a pagare Gheddafi (con i nostri soldi) per far sì che trovasse “la soluzione finale” per i flussi migratori. Le immagini dei cadaveri disseminati nel deserto libico, che a me hanno tolto il sonno, non gli hanno certo scalfito l’animo da buffone.
Mi sento dannatamente apolide, non faccio parte del popolo italiota di berlusconilandia, che ancora applaude quel ridicolo uomo che porta nel mondo l’immagine di sé stesso, in tutto il suo ridicolo splendore: “sono l’unico italiano che possiede un olivo di duemila anni … a volte scherzando dico ai miei ospiti, ben venuti nel mio Getsemani privato.” Non può rappresentarmi un imbonitore televisivo, incapace di metter insieme due frasi in inglese che non gli siano state scritte così come si pronunciano, alla maniera di Totti in uno spot pubblicitario, che conclude un intervento da statista con le parole: “Grazie d’esistere”. Ridicolo.
E per non parlare dei giornalisti al seguito (cito testuale sky tg 24) “… e ieri per un attimo, il presidente del consiglio, in occasione dell’incontro col Roma Club di Gerusalemme, ha vestito i panni del presidente del Milan …”
Ecco perché ribadisco: quelli non sono i miei presidenti!
Ti ricordi, Pierluigi? (02 Febbraio 2010)
Ti ricordi, Pierluigi? (di Rita Pani)
E Berlinguer disse: se la fabbrica sarà occupata, vi sarà il totale appoggio alle decisioni degli operai, con la mobilitazione e il sostegno di tutti gli organismi di partito.
Erano altri tempi, lo so. Era il 1980 e la crisi era mondiale. C’era la crisi del petrolio e la lira forte non consentiva l’esportazione delle auto. In più c’erano i giapponesi “il pericolo giallo” che volevano comprare l’Alfa Sud (non l’auto ridicola, ma tutta la fabbrica) e kossiga gliela voleva dare. Erano altri tempi, con la polizia schierata a protezione dei crumiri e i sindacalisti presi a sassate. Erano tempi in cui il morbo, sebbene già vivo, non aveva ancora incancrenito del tutto le coscienze.
Sembra quasi un racconto da caminetto, da farsi reggendo un bicchiere di vino rosso tra le mani, mentre si attende che siano cotte le castagne. Una cosa di quelle che inizia per “c’era una volta un partito …” C’erano uomini diversi, che erano uomini. A loro interessava poco di essere pettinati e avevano quella passione capace di farli resistere fino a farli morire su un palco, durante un comizio. Sì, si chiamava comizio all’epoca, soltanto dopo il morbo si è iniziato a chiamarli “convention”.
Per quanto democristiano, c’era anche un governo capace di far fuori il suo primo ministro con un solo voto contrario. C’era una sorta di pudore capace di mettere un limite persino alla corruzione delle cose e della morale. C’era persino chi ebbe il coraggio di porci sopra una questione: “La questione morale.”
Eppure è da là che vieni Pierluigi. Vieni da quei tempi e da quei modi. Non solo tu, ma molti di quelli che oggi fanno parte del vostro nuovo partito, così nuovo che tu stesso hai sentito il bisogno di chiamare “giovane”. Io comprendo il difetto di memoria, può essere l’età o il contagio del morbo, ma davvero non pensavo che tale malattia potesse anche condurre alla cecità.
Ti ricordi Pierluigi? (devi per forza perché tu c’eri) L’allora presidente di Confindustria, Guido Carli, gettò nel panico il paese con quella sua frase catastrofista: “La crisi non è finita, è solo all’inizio.” Non ti suona familiare? Non hai come la sensazione di un déjà vu? Perché allora, mi chiedo, tu oggi non sei a Carbonia, in piazza Roma, a dire che “se la fabbrica sarà occupata, vi sarà il totale appoggio alle decisioni degli operai, con la mobilitazione e il sostegno di tutti gli organismi di partito.”
Perché la vostra politica oggi vive di rendita sulle spalle di piccola gente come me e come tanti, che vorrebbero pure dire basta, ma che sentono dentro quella storia che voi avete calpestato. Voi state in disparte – siete giovani – e lasciate che “o’sistema” disintegri sé stesso, disintegrando il paese intero; attendete di vedere che accade, ci lasciate soli in piazza a fare solo rumore, per saltar fuori al momento opportuno, quando l’inevitabile sarà compiuto a dire: “Eccoci qua! Siamo cresciuti.”
E la cosa più triste è sapere che a quel punto ci sarà chi sarà pronto a dire grazie a voi, e non a noi che Resistiamo in vita anche solo per farvi un dispetto.
E Berlinguer disse: se la fabbrica sarà occupata, vi sarà il totale appoggio alle decisioni degli operai, con la mobilitazione e il sostegno di tutti gli organismi di partito.
Erano altri tempi, lo so. Era il 1980 e la crisi era mondiale. C’era la crisi del petrolio e la lira forte non consentiva l’esportazione delle auto. In più c’erano i giapponesi “il pericolo giallo” che volevano comprare l’Alfa Sud (non l’auto ridicola, ma tutta la fabbrica) e kossiga gliela voleva dare. Erano altri tempi, con la polizia schierata a protezione dei crumiri e i sindacalisti presi a sassate. Erano tempi in cui il morbo, sebbene già vivo, non aveva ancora incancrenito del tutto le coscienze.
Sembra quasi un racconto da caminetto, da farsi reggendo un bicchiere di vino rosso tra le mani, mentre si attende che siano cotte le castagne. Una cosa di quelle che inizia per “c’era una volta un partito …” C’erano uomini diversi, che erano uomini. A loro interessava poco di essere pettinati e avevano quella passione capace di farli resistere fino a farli morire su un palco, durante un comizio. Sì, si chiamava comizio all’epoca, soltanto dopo il morbo si è iniziato a chiamarli “convention”.
Per quanto democristiano, c’era anche un governo capace di far fuori il suo primo ministro con un solo voto contrario. C’era una sorta di pudore capace di mettere un limite persino alla corruzione delle cose e della morale. C’era persino chi ebbe il coraggio di porci sopra una questione: “La questione morale.”
Eppure è da là che vieni Pierluigi. Vieni da quei tempi e da quei modi. Non solo tu, ma molti di quelli che oggi fanno parte del vostro nuovo partito, così nuovo che tu stesso hai sentito il bisogno di chiamare “giovane”. Io comprendo il difetto di memoria, può essere l’età o il contagio del morbo, ma davvero non pensavo che tale malattia potesse anche condurre alla cecità.
Ti ricordi Pierluigi? (devi per forza perché tu c’eri) L’allora presidente di Confindustria, Guido Carli, gettò nel panico il paese con quella sua frase catastrofista: “La crisi non è finita, è solo all’inizio.” Non ti suona familiare? Non hai come la sensazione di un déjà vu? Perché allora, mi chiedo, tu oggi non sei a Carbonia, in piazza Roma, a dire che “se la fabbrica sarà occupata, vi sarà il totale appoggio alle decisioni degli operai, con la mobilitazione e il sostegno di tutti gli organismi di partito.”
Perché la vostra politica oggi vive di rendita sulle spalle di piccola gente come me e come tanti, che vorrebbero pure dire basta, ma che sentono dentro quella storia che voi avete calpestato. Voi state in disparte – siete giovani – e lasciate che “o’sistema” disintegri sé stesso, disintegrando il paese intero; attendete di vedere che accade, ci lasciate soli in piazza a fare solo rumore, per saltar fuori al momento opportuno, quando l’inevitabile sarà compiuto a dire: “Eccoci qua! Siamo cresciuti.”
E la cosa più triste è sapere che a quel punto ci sarà chi sarà pronto a dire grazie a voi, e non a noi che Resistiamo in vita anche solo per farvi un dispetto.
Il compagno Ciancimino (01 Febbraio 2010)
Il compagno Ciancimino (di Rita Pani)
Ci diranno che Massimo Ciancimino è un compagno, o forse un collega della D’Addario nel servizio segreto parallelo comunista, che lavora per conto di un’associazione clandestina con finalità eversive. Salterà fuori qualche pupazzo a dire che le dichiarazioni di Ciancimino sono state dettate dalla Falange Toghe Rosse. O forse semplicemente i giornali di proprietà del re, tesseranno la trama di una torbida storiella di sesso che vede protagonisti Rosi Bindi e quel gran maialone di Bersani, che l’hanno fatto dentro un confessionale, lei piangente, lui satanico.
Noi però lo sappiamo che le dichiarazioni di Ciancimino non sono figlie della fantasia. Molti scritti, molti libri, molti atti ufficiali da sempre hanno descritto la vicinanza tra berlusconi e la mafia, e la storia – quella che non si vorrebbe più insegnare – ci ha già consegnato la tremenda realtà in cui viviamo, di uno stato colluso con la mafia, di un governo di mafiosi da proteggere stravolgendo persino l’ordinamento giudiziario di uno stato intero.
Noi sappiamo persino che il miracolo Aquilano, le case in fretta e per pochi che già cadono a pezzi, in parte sono costruite dalle aziende della mafia. Abbiamo assistito persino al linciaggio mediatico perpetrato dal più visto telegiornale della Televisione pubblica (in pratica gratuitamente consegnata al re delle televisioni private) contro il pubblico ministero Ingroia, reo di continuare imperterrito a servire lo stesso stato colluso con la mafia.
Nessuno stupore quindi nell’apprendere che Milano 2 è stata costruita con i soldi della mafia, perché come dicevo, noi lo sappiamo già e chi non lo vuole sapere sarà sempre più convinto che opporsi al “processo breve” sia essere contro le necessarie riforme dello stato. Inutile spiegare all’idiota di turno la sottile differenza che esiste tra i termini “breve” e “veloce”. Varrà per lui la regola imposta dal re: “Sono stato vittima per molti mesi di una campagna di stampa che è stata probabilmente la più aggressiva e calunniosa di quante ne siano mai state condotte contro un capo di governo. Ho subito aggressioni politiche, mediatiche, giudiziarie, patrimoniali e anche fisiche”. L’italiota non sorriderà pensando che il tizio del governo è andato a raccontare questa barzelletta in Israele, paese fiero di poter mettere sotto indagine chiunque, persino il suo primo ministro. Sono sottigliezze che sfuggono al megalomane uso a portare nel mondo l’immagine di un’Italia derelitta.
E volendo ci sarebbe di più: c’è per esempio lo zelante onorevole Lingua Morbida che il 21 Gennaio ha presentato una proposta fondamentale per lo Stato Italiano, ossia "Istituzione della Giornata nazionale delle vittime dell'odio politico". Manco a dirlo, il giorno prescelto è il 21 Dicembre, già San Duomo Decollato.
Noi sappiamo, noi scriviamo, noi leggiamo, noi partecipiamo. Eppure noi non esistiamo.
Ci diranno che Massimo Ciancimino è un compagno, o forse un collega della D’Addario nel servizio segreto parallelo comunista, che lavora per conto di un’associazione clandestina con finalità eversive. Salterà fuori qualche pupazzo a dire che le dichiarazioni di Ciancimino sono state dettate dalla Falange Toghe Rosse. O forse semplicemente i giornali di proprietà del re, tesseranno la trama di una torbida storiella di sesso che vede protagonisti Rosi Bindi e quel gran maialone di Bersani, che l’hanno fatto dentro un confessionale, lei piangente, lui satanico.
Noi però lo sappiamo che le dichiarazioni di Ciancimino non sono figlie della fantasia. Molti scritti, molti libri, molti atti ufficiali da sempre hanno descritto la vicinanza tra berlusconi e la mafia, e la storia – quella che non si vorrebbe più insegnare – ci ha già consegnato la tremenda realtà in cui viviamo, di uno stato colluso con la mafia, di un governo di mafiosi da proteggere stravolgendo persino l’ordinamento giudiziario di uno stato intero.
Noi sappiamo persino che il miracolo Aquilano, le case in fretta e per pochi che già cadono a pezzi, in parte sono costruite dalle aziende della mafia. Abbiamo assistito persino al linciaggio mediatico perpetrato dal più visto telegiornale della Televisione pubblica (in pratica gratuitamente consegnata al re delle televisioni private) contro il pubblico ministero Ingroia, reo di continuare imperterrito a servire lo stesso stato colluso con la mafia.
Nessuno stupore quindi nell’apprendere che Milano 2 è stata costruita con i soldi della mafia, perché come dicevo, noi lo sappiamo già e chi non lo vuole sapere sarà sempre più convinto che opporsi al “processo breve” sia essere contro le necessarie riforme dello stato. Inutile spiegare all’idiota di turno la sottile differenza che esiste tra i termini “breve” e “veloce”. Varrà per lui la regola imposta dal re: “Sono stato vittima per molti mesi di una campagna di stampa che è stata probabilmente la più aggressiva e calunniosa di quante ne siano mai state condotte contro un capo di governo. Ho subito aggressioni politiche, mediatiche, giudiziarie, patrimoniali e anche fisiche”. L’italiota non sorriderà pensando che il tizio del governo è andato a raccontare questa barzelletta in Israele, paese fiero di poter mettere sotto indagine chiunque, persino il suo primo ministro. Sono sottigliezze che sfuggono al megalomane uso a portare nel mondo l’immagine di un’Italia derelitta.
E volendo ci sarebbe di più: c’è per esempio lo zelante onorevole Lingua Morbida che il 21 Gennaio ha presentato una proposta fondamentale per lo Stato Italiano, ossia "Istituzione della Giornata nazionale delle vittime dell'odio politico". Manco a dirlo, il giorno prescelto è il 21 Dicembre, già San Duomo Decollato.
Noi sappiamo, noi scriviamo, noi leggiamo, noi partecipiamo. Eppure noi non esistiamo.
S.M. s'è incendiato (31 Gennaio 2010)
S.M. s'è incendiato (di Rita Pani)
Non hanno urlato a voce molto alta ieri, che un operaio bergamasco si è dato fuoco perché rimasto senza lavoro. Oggi invece ho trovato un trafiletto su Repubblica, sul quale vi era scritto che l’operaio era morto. Ora S. M. (36 anni) ha meritato persino un articoletto, nel quale si spiega che non ha retto alla disperazione. S. M. l’alibi delle iniziali a tutela della privacy, una pratica che mi fa imbufalire. L’importante è spersonalizzare, rendere meno umana la vicenda di modo che ci si possa limitare a dire “poveretto” o anche solo a pensarlo, scuotendo un poco il capo.
Forse si è dovuto parlare per forza di S.M. perché si è dato fuoco sulla pubblica via; troppo evidente per essere ignorato, come tutti gli altri che quotidianamente trovano rifugio impiccandosi a un albero o sparandosi in bocca. O sempre più donne che si avvelenano. No la disperazione è una mela avvelenata che non si deve dare in pasto a un popolo che si stufa presto delle cattive notizie. Un popolo che nonostante tutto ha fortemente voluto credere al sogno che gli ha regalato un piazzista imbroglione.
Tutti almeno una volta nella vita abbiamo “desiderato” un giornale che portasse solo buone notizie, invece credo che sarebbe opportuno il contrario, visto che invece quel che raggiunge le vergini orecchie del popolo italiota non è altro che la summa di una banale propaganda.
Dovrebbero rifiutarsi, i giornalisti, di continuare a far da megafono al maniaco del consiglio e ai suoi burattini rilanciando le sue idiozie, e chissà magari non dirci nemmeno se in Israele racconterà la barzelletta dell’ebreo che diventa sapone. Raccontare la vita reale, quella che forse molti di noi non vogliono sapere, sperando così di non restare contagiati dalla disperazione.
Dovrebbe esserci un quotidiano stillicidio di piccoli fatti destinati all’oblio, fatto dei visi che conosciamo e che qualche volta d’improvviso guardandosi allo specchio, si trovano invecchiati e stanchi. Con gli occhi spenti proprio da quella vita che diventa troppo in salita, anche quando ancora certi della nostra buona volontà.
S. M. avrebbe meritato almeno il suo nome in neretto, per restare impresso nella memoria di chi con la sua indifferenza se non colpevole, almeno si rende complice della sua morte. Dovrebbero raccontare che volte la disperazione da sola non basta per far decidere a qualcuno di morire; dovrebbero dirci che la disperazione si aggiunge alla quasi assoluta certezza che questo nostro piccolo mondo non è più in grado di offrirci nulla, e che siamo stati traditi quando abbiamo lasciato che qualcuno ci rubasse il sogno e la speranza, per ridarcene indietro uno fatto di belle ragazze con i tacchi alti, uomini senza le orecchie a sventola, chirurghi plastici, ladri, figli di puttana, mafiosi e piduisti.
Quando la disperazione si ferma un attimo a guardare il tetro panorama che appare alla finestra, è allora che può uccidere chiunque di noi … è questo però, che non siamo pronti a sentire.
Non hanno urlato a voce molto alta ieri, che un operaio bergamasco si è dato fuoco perché rimasto senza lavoro. Oggi invece ho trovato un trafiletto su Repubblica, sul quale vi era scritto che l’operaio era morto. Ora S. M. (36 anni) ha meritato persino un articoletto, nel quale si spiega che non ha retto alla disperazione. S. M. l’alibi delle iniziali a tutela della privacy, una pratica che mi fa imbufalire. L’importante è spersonalizzare, rendere meno umana la vicenda di modo che ci si possa limitare a dire “poveretto” o anche solo a pensarlo, scuotendo un poco il capo.
Forse si è dovuto parlare per forza di S.M. perché si è dato fuoco sulla pubblica via; troppo evidente per essere ignorato, come tutti gli altri che quotidianamente trovano rifugio impiccandosi a un albero o sparandosi in bocca. O sempre più donne che si avvelenano. No la disperazione è una mela avvelenata che non si deve dare in pasto a un popolo che si stufa presto delle cattive notizie. Un popolo che nonostante tutto ha fortemente voluto credere al sogno che gli ha regalato un piazzista imbroglione.
Tutti almeno una volta nella vita abbiamo “desiderato” un giornale che portasse solo buone notizie, invece credo che sarebbe opportuno il contrario, visto che invece quel che raggiunge le vergini orecchie del popolo italiota non è altro che la summa di una banale propaganda.
Dovrebbero rifiutarsi, i giornalisti, di continuare a far da megafono al maniaco del consiglio e ai suoi burattini rilanciando le sue idiozie, e chissà magari non dirci nemmeno se in Israele racconterà la barzelletta dell’ebreo che diventa sapone. Raccontare la vita reale, quella che forse molti di noi non vogliono sapere, sperando così di non restare contagiati dalla disperazione.
Dovrebbe esserci un quotidiano stillicidio di piccoli fatti destinati all’oblio, fatto dei visi che conosciamo e che qualche volta d’improvviso guardandosi allo specchio, si trovano invecchiati e stanchi. Con gli occhi spenti proprio da quella vita che diventa troppo in salita, anche quando ancora certi della nostra buona volontà.
S. M. avrebbe meritato almeno il suo nome in neretto, per restare impresso nella memoria di chi con la sua indifferenza se non colpevole, almeno si rende complice della sua morte. Dovrebbero raccontare che volte la disperazione da sola non basta per far decidere a qualcuno di morire; dovrebbero dirci che la disperazione si aggiunge alla quasi assoluta certezza che questo nostro piccolo mondo non è più in grado di offrirci nulla, e che siamo stati traditi quando abbiamo lasciato che qualcuno ci rubasse il sogno e la speranza, per ridarcene indietro uno fatto di belle ragazze con i tacchi alti, uomini senza le orecchie a sventola, chirurghi plastici, ladri, figli di puttana, mafiosi e piduisti.
Quando la disperazione si ferma un attimo a guardare il tetro panorama che appare alla finestra, è allora che può uccidere chiunque di noi … è questo però, che non siamo pronti a sentire.
Giù dai tetti (30 Gennaio 2010)
Giù dai tetti (di Rita Pani)
Confindustria è preoccupata per la disoccupazione dilagante, così preoccupata, la Marcegaglia, che proprio ieri ribadiva l’inutilità di mantenere “in piedi” Termini Imerese. In effetti ha anche detto che la forza lavoro dovrebbe essere reimpiegata, e tutti noi sappiamo quanto questo sia semplice da fare.
Lo sanno bene anche i lavoratori invisibili dell’Eutelia, che ormai constatato come anche le CARITAS stiano chiudendo per mancanza di donazioni, e sovrannumero di utenti, per mangiare vanno direttamente alla fonte, organizzando una colletta alimentare davanti al supermercato della COOP.
Sempre a Termini Imerese, lo sanno bene quelli della “Delivery” una delle tante aziende dell’indotto che “non staranno più in piedi” dopo la chiusura della FIAT , licenziati direttamente dalle guardie giurate poste davanti ai cancelli: “Il tuo nome non è sulla lista, e quindi tu oggi non lavori.” In fondo berlusconi aveva promesso di cambiare l’Italia, e l’ha cambiata davvero. Di questo dobbiamo prenderne atto. Che seccatura spedire una raccomandata per dare tempo al lavoratore da licenziare di metabolizzare l’idea o di pensare al metodo più rapido e indolore per farla finita! Chissà, magari è anche meglio essere licenziati da un guardiano così su due piedi; ci si risparmiano quindici giorni di ansia. È già da un po’ che questa modalità ha preso piede, so di gente che al tornello vedeva rifiutarsi la sua tessera magnetica, e dopo aver chiesto spiegazioni al guardiano, si sentiva rispondere: “da oggi lei non lavora più qua.”
Anche così è iniziata la “moda” di salire sui tetti, e non erano più solo operai, pastori, autotrasportatori. C’erano anche ricercatori, ingegneri, medici. Ora sono diventati così tanti da confondersi quasi con le antenne della televisione che deturpano e caratterizzano i panorami cittadini. E si sa che quando una cosa diventa consueta non è più speciale.
Forse sarebbe ora di scendere dai tetti, ed occupare le piazze – lo scrivevo anche l’altro giorno – perché ora esiste il numero considerevole. Un accampamento stabile davanti alla camera, uno davanti al senato, uno nella bellissima piazza davanti al Quirinale. Tutti là a fare la colletta alimentare, per non restare invisibili agli occhi dei tanti che esultano quando in città apre un nuovo centro commerciale, dove tuttalpiù potrà andare a mangiare la merda dei Mc Donalds, sognando di avere, un giorno, quel bell’anellino con brillanti di cui l’orafo si vergogna persino ad esporre il prezzo.
Invece si scende dai tetti, e si tolgono i blocchi e i presidi, perché – spiegano i giornali – finalmente berlusconi in persona “è sceso in campo”. I licenziandi dell’ALCOA sono stati rassicurati: “il premier ha telefonato in America …”
Evidentemente non ricordano più che una volta, sempre a Portovesme, disse d’aver telefonato a Putin.
Confindustria è preoccupata per la disoccupazione dilagante, così preoccupata, la Marcegaglia, che proprio ieri ribadiva l’inutilità di mantenere “in piedi” Termini Imerese. In effetti ha anche detto che la forza lavoro dovrebbe essere reimpiegata, e tutti noi sappiamo quanto questo sia semplice da fare.
Lo sanno bene anche i lavoratori invisibili dell’Eutelia, che ormai constatato come anche le CARITAS stiano chiudendo per mancanza di donazioni, e sovrannumero di utenti, per mangiare vanno direttamente alla fonte, organizzando una colletta alimentare davanti al supermercato della COOP.
Sempre a Termini Imerese, lo sanno bene quelli della “Delivery” una delle tante aziende dell’indotto che “non staranno più in piedi” dopo la chiusura della FIAT , licenziati direttamente dalle guardie giurate poste davanti ai cancelli: “Il tuo nome non è sulla lista, e quindi tu oggi non lavori.” In fondo berlusconi aveva promesso di cambiare l’Italia, e l’ha cambiata davvero. Di questo dobbiamo prenderne atto. Che seccatura spedire una raccomandata per dare tempo al lavoratore da licenziare di metabolizzare l’idea o di pensare al metodo più rapido e indolore per farla finita! Chissà, magari è anche meglio essere licenziati da un guardiano così su due piedi; ci si risparmiano quindici giorni di ansia. È già da un po’ che questa modalità ha preso piede, so di gente che al tornello vedeva rifiutarsi la sua tessera magnetica, e dopo aver chiesto spiegazioni al guardiano, si sentiva rispondere: “da oggi lei non lavora più qua.”
Anche così è iniziata la “moda” di salire sui tetti, e non erano più solo operai, pastori, autotrasportatori. C’erano anche ricercatori, ingegneri, medici. Ora sono diventati così tanti da confondersi quasi con le antenne della televisione che deturpano e caratterizzano i panorami cittadini. E si sa che quando una cosa diventa consueta non è più speciale.
Forse sarebbe ora di scendere dai tetti, ed occupare le piazze – lo scrivevo anche l’altro giorno – perché ora esiste il numero considerevole. Un accampamento stabile davanti alla camera, uno davanti al senato, uno nella bellissima piazza davanti al Quirinale. Tutti là a fare la colletta alimentare, per non restare invisibili agli occhi dei tanti che esultano quando in città apre un nuovo centro commerciale, dove tuttalpiù potrà andare a mangiare la merda dei Mc Donalds, sognando di avere, un giorno, quel bell’anellino con brillanti di cui l’orafo si vergogna persino ad esporre il prezzo.
Invece si scende dai tetti, e si tolgono i blocchi e i presidi, perché – spiegano i giornali – finalmente berlusconi in persona “è sceso in campo”. I licenziandi dell’ALCOA sono stati rassicurati: “il premier ha telefonato in America …”
Evidentemente non ricordano più che una volta, sempre a Portovesme, disse d’aver telefonato a Putin.
Freccia argento (poi dice che uno s'incazza) (29 Gennaio 2010)
Freccia argento (poi dice che uno s'incazza) (di Rita Pani)
Non bastava l’alta velocità per aumentare i biglietti dei treni. Ci voleva qualcosa di più, un servizio migliore che avrebbe invogliato “i signori viaggiatori” a pagare senza incazzarsi. Allora ecco la Freccia Rossa, e pure quella Argento.
Verona Roma in due ore e cinquantatre minuti. Potrebbe davvero significare che l’Italia è entrata nel futuro. Potrebbe. Quando ci si appresta a partire e non si hanno le tasche gonfissime, si programma, si calcola e si cerca. Poi si valuta e si sceglie. Un’ora prima in aeroporto a Verona, poi un’ora e dieci di volo, poi mezz’ora di treno e la metro per arrivare dove sono ora, contro tre ore di treno a un consto inferiore di venti euro, rendono la scelta obbligata.
“La freccia Argento.” Ferma a Bologna, Firenze, Roma. Buon viaggio!
Carrozza 8, posto 57 corridoio. Decido di non fumare un’altra sigaretta anche se avrei tutto il tempo, perché fa un freddo boia, che mi attraversa i pantaloni, che mi gela i capelli. Nella carrozza mi accoglie un giovane dal vago accento meridionale, che quasi a fatica sembra voler celare. “Signora, c’è un problema, temo che questa carrozza dovrà restare chiusa perché è a zero gradi. Attenda nell’altra l’arrivo del capotreno che le assegnerà un altro posto.”
Attendo, e dopo di me attende un ragazzo, poi quattro turisti giapponesi, poi ancora una signora con i bagagli. Attendiamo fino a quando parte il treno, e dato che il capo non si vede, ci mettiamo a sedere dove capita, noi che siamo italiani. I giapponesi stanno in piedi e per fortuna l’alta velocità è un rutto che dura pochissimo solo dopo Bologna. Quando i primi viaggiatori vogliono provare l’ebbrezza della toilette, i giapponesi si fanno italiani, e si siedono.
La temperatura della carrozza scende bruscamente, ci si ripara come si può. Mi tornano alla mente le parole del direttore generale di FS, quando invitava i signori viaggiatori a portarsi da casa un panino, o un plaid – che non si sa mai. Si va a tentoni fino a Bologna, dove salgono altre persone, che vengono tutte inviate nel vagone ristorante. Il solito ragazzo (che però ha una divisa nuova, nuova, e un cappello che sembra un pilota) dice anche a loro che ora arriverà il capo. “Non è vero!” gli dico, già che me lo trovo affianco, così, tanto per rompere le palle. Poi riprendo a contare mentalmente le dita dei piedi, per essere certa che non se ne sia staccata qualcuna. Firenze … Fiuuu. Abbiamo solo 15 minuti di ritardo, ci si può stare mi dice il passeggero appena salito. Dalla carrozza nove affluiscono passeggeri più congelati di me: “Sì è rotto il riscaldamento dice una.” Proprio come se fosse una cosa stranissima.
Ma si rompe la porta della carrozza sette, ed è un andare avanti e indietro di divise blu, che pare la parata dell’aeronautica militare. Il treno tenta di partire, ma suona l’allarme, e scampanella. Un casino infernale e anche le porte intermedie si bloccano. Meno male che hanno l’accortezza di avvisarci che “per un piccolo problema tecnico, il treno porterà un ritardo di cinque minuti.” Per fortuna che FS ha davvero potenziato il servizio: lo strano omino con la giacca gialla e lo zainetto che dopo ogni stazione entra per un attimo nella toilette a spruzzare un deodorate al cocco per coprire l’odore del piscio. “Maintenance and cleaning” ha scritto sulla schiena.
Dobbiamo a lui se siamo arrivati a Roma … Non c’è voluto molto, è bastato scassinare il sensore dell’allarme della porta. E che strano ... siamo arrivati alle 13 e 45, orario previsto le 13, ma secondo la voce metallica, i minuti erano solo 28.
Costo totale dell’operazione 64 euro… Poi dice che uno s’incazza …
Non bastava l’alta velocità per aumentare i biglietti dei treni. Ci voleva qualcosa di più, un servizio migliore che avrebbe invogliato “i signori viaggiatori” a pagare senza incazzarsi. Allora ecco la Freccia Rossa, e pure quella Argento.
Verona Roma in due ore e cinquantatre minuti. Potrebbe davvero significare che l’Italia è entrata nel futuro. Potrebbe. Quando ci si appresta a partire e non si hanno le tasche gonfissime, si programma, si calcola e si cerca. Poi si valuta e si sceglie. Un’ora prima in aeroporto a Verona, poi un’ora e dieci di volo, poi mezz’ora di treno e la metro per arrivare dove sono ora, contro tre ore di treno a un consto inferiore di venti euro, rendono la scelta obbligata.
“La freccia Argento.” Ferma a Bologna, Firenze, Roma. Buon viaggio!
Carrozza 8, posto 57 corridoio. Decido di non fumare un’altra sigaretta anche se avrei tutto il tempo, perché fa un freddo boia, che mi attraversa i pantaloni, che mi gela i capelli. Nella carrozza mi accoglie un giovane dal vago accento meridionale, che quasi a fatica sembra voler celare. “Signora, c’è un problema, temo che questa carrozza dovrà restare chiusa perché è a zero gradi. Attenda nell’altra l’arrivo del capotreno che le assegnerà un altro posto.”
Attendo, e dopo di me attende un ragazzo, poi quattro turisti giapponesi, poi ancora una signora con i bagagli. Attendiamo fino a quando parte il treno, e dato che il capo non si vede, ci mettiamo a sedere dove capita, noi che siamo italiani. I giapponesi stanno in piedi e per fortuna l’alta velocità è un rutto che dura pochissimo solo dopo Bologna. Quando i primi viaggiatori vogliono provare l’ebbrezza della toilette, i giapponesi si fanno italiani, e si siedono.
La temperatura della carrozza scende bruscamente, ci si ripara come si può. Mi tornano alla mente le parole del direttore generale di FS, quando invitava i signori viaggiatori a portarsi da casa un panino, o un plaid – che non si sa mai. Si va a tentoni fino a Bologna, dove salgono altre persone, che vengono tutte inviate nel vagone ristorante. Il solito ragazzo (che però ha una divisa nuova, nuova, e un cappello che sembra un pilota) dice anche a loro che ora arriverà il capo. “Non è vero!” gli dico, già che me lo trovo affianco, così, tanto per rompere le palle. Poi riprendo a contare mentalmente le dita dei piedi, per essere certa che non se ne sia staccata qualcuna. Firenze … Fiuuu. Abbiamo solo 15 minuti di ritardo, ci si può stare mi dice il passeggero appena salito. Dalla carrozza nove affluiscono passeggeri più congelati di me: “Sì è rotto il riscaldamento dice una.” Proprio come se fosse una cosa stranissima.
Ma si rompe la porta della carrozza sette, ed è un andare avanti e indietro di divise blu, che pare la parata dell’aeronautica militare. Il treno tenta di partire, ma suona l’allarme, e scampanella. Un casino infernale e anche le porte intermedie si bloccano. Meno male che hanno l’accortezza di avvisarci che “per un piccolo problema tecnico, il treno porterà un ritardo di cinque minuti.” Per fortuna che FS ha davvero potenziato il servizio: lo strano omino con la giacca gialla e lo zainetto che dopo ogni stazione entra per un attimo nella toilette a spruzzare un deodorate al cocco per coprire l’odore del piscio. “Maintenance and cleaning” ha scritto sulla schiena.
Dobbiamo a lui se siamo arrivati a Roma … Non c’è voluto molto, è bastato scassinare il sensore dell’allarme della porta. E che strano ... siamo arrivati alle 13 e 45, orario previsto le 13, ma secondo la voce metallica, i minuti erano solo 28.
Costo totale dell’operazione 64 euro… Poi dice che uno s’incazza …
Occupare ed espropriare ... (barone sa tirannia) (28 Gennaio 2010)
Occupare ed espropriare ... (barone sa tirannia) (di Rita Pani)
So che proporre il “modello Chavez” in Italia è pericoloso. Potrei essere presa per pazza o visionaria se non addirittura per un’idiota senza speranza. D’altronde viviamo in un paese che da un paio di giorni ha problemi assai più gravi della progressiva sparizione del lavoro: “la sparizione, repentina, dei capelli di berlusconi.” Filmati, foto e inchieste da due giorni campeggiano sui giornali, mentre le notizie della Fiat, di Termini Imerese, e dell’Alcoa durano solo il tempo di un sospiro.
Oggi gli operai dell’Alcoa hanno bloccato la strada di collegamento tra Cagliari e Sassari, e le notizie sono ferme all’arrivo della polizia. Le agenzie riportano le scuse dei sindacalisti agli automobilisti, e l’avviso di una lotta che è solo al suo inizio.
Sempre dalla Sardegna, riemergono i numeri e i dati dello sfregio alla Maddalena, con i 330 milioni di euro sprecati, gli ultimi operai licenziati, e un territorio che ha subito l’ennesimo stupro oltre che l’ennesima colonizzazione. Da tempo si sapeva del dono fatto alla Marcegaglia dal governo massone suo amico, e mi stupisce molto lo stupore di chi, colpevolmente, ancora non sapeva.
Ora io capisco che si possa dibattere sulla sparizione e riapparizione dei capelli di berlusconi, che probabilmente una mattina non ha avuto a disposizione lo schiavo che gli montasse in testa la coroncina di sughero peloso. Posso anche attendermi le prese di posizione, le discussioni e le chiacchiere inutili sulle ultime idiote dichiarazioni in Calabria (meno extracomunitari, uguale meno criminalità; come a dire che i negri rubano il lavoro alla ndrangheta), ma iniziare a ragionare in maniera venezuelana?
Occupare (ed espropriare) la Maddalena, per esempio. Occupare le fabbriche e autogestirle. Bloccare il paese con scioperi generali e generalizzati, che quando si ferma uno stabilimento si fermano tutti. Occupare le terre incolte, tornare all’agricoltura … sono esempi nemmeno banali, che prima o poi qualcuno dovrà davvero cominciare a fare, perché il sistema non sta franando, ma si è già da tempo sgretolato, e la povertà reale non è più un fenomeno relegato agli ultimi del mondo. C’è chi si ostina a vivere al di sopra delle proprie possibilità, spinto dall’orgoglio malato dell’ostentazione di uno status che lo renda visibile, ma le banche portano via le case, e l’albo delle badanti, fortissimamente voluto dal ministro per il razzismo, per camuffare una schedatura di massa, sta creando il paradosso di vedersi allungare la lista delle italiane che piano, piano rubano il lavoro alle negre.
Basterebbe muoversi in questo senso – e quindi rischiare – per poterci riappropriare della nostra identità di cittadini, e non essere trattati sempre e comunque da semplici elettori.
Ma lo so, lo dico da me … io sono visionaria, e molto, molto stanca.
So che proporre il “modello Chavez” in Italia è pericoloso. Potrei essere presa per pazza o visionaria se non addirittura per un’idiota senza speranza. D’altronde viviamo in un paese che da un paio di giorni ha problemi assai più gravi della progressiva sparizione del lavoro: “la sparizione, repentina, dei capelli di berlusconi.” Filmati, foto e inchieste da due giorni campeggiano sui giornali, mentre le notizie della Fiat, di Termini Imerese, e dell’Alcoa durano solo il tempo di un sospiro.
Oggi gli operai dell’Alcoa hanno bloccato la strada di collegamento tra Cagliari e Sassari, e le notizie sono ferme all’arrivo della polizia. Le agenzie riportano le scuse dei sindacalisti agli automobilisti, e l’avviso di una lotta che è solo al suo inizio.
Sempre dalla Sardegna, riemergono i numeri e i dati dello sfregio alla Maddalena, con i 330 milioni di euro sprecati, gli ultimi operai licenziati, e un territorio che ha subito l’ennesimo stupro oltre che l’ennesima colonizzazione. Da tempo si sapeva del dono fatto alla Marcegaglia dal governo massone suo amico, e mi stupisce molto lo stupore di chi, colpevolmente, ancora non sapeva.
Ora io capisco che si possa dibattere sulla sparizione e riapparizione dei capelli di berlusconi, che probabilmente una mattina non ha avuto a disposizione lo schiavo che gli montasse in testa la coroncina di sughero peloso. Posso anche attendermi le prese di posizione, le discussioni e le chiacchiere inutili sulle ultime idiote dichiarazioni in Calabria (meno extracomunitari, uguale meno criminalità; come a dire che i negri rubano il lavoro alla ndrangheta), ma iniziare a ragionare in maniera venezuelana?
Occupare (ed espropriare) la Maddalena, per esempio. Occupare le fabbriche e autogestirle. Bloccare il paese con scioperi generali e generalizzati, che quando si ferma uno stabilimento si fermano tutti. Occupare le terre incolte, tornare all’agricoltura … sono esempi nemmeno banali, che prima o poi qualcuno dovrà davvero cominciare a fare, perché il sistema non sta franando, ma si è già da tempo sgretolato, e la povertà reale non è più un fenomeno relegato agli ultimi del mondo. C’è chi si ostina a vivere al di sopra delle proprie possibilità, spinto dall’orgoglio malato dell’ostentazione di uno status che lo renda visibile, ma le banche portano via le case, e l’albo delle badanti, fortissimamente voluto dal ministro per il razzismo, per camuffare una schedatura di massa, sta creando il paradosso di vedersi allungare la lista delle italiane che piano, piano rubano il lavoro alle negre.
Basterebbe muoversi in questo senso – e quindi rischiare – per poterci riappropriare della nostra identità di cittadini, e non essere trattati sempre e comunque da semplici elettori.
Ma lo so, lo dico da me … io sono visionaria, e molto, molto stanca.
Incredibile (27 Gennaio 2010)
Incredibile (di Rita Pani)
Ho visto un musicista suonare ad un angolo di strada. Non era uno di quelli che violentano le corde dei violini. Era un musicista vero, con le guance arrossate dal gelo. Ma come un violentatore di violini, aveva gli spiccioli nella custodia del suo strumento.
Poco oltre, davvero pochi passi, una mostra di pittori … outsiderart … un modo elegante per dire molte cose spiacevoli. La follia dipinta, colorata, attraente e affascinante. Uno su tutti, occhi mischiati, mani tese e grida. La disperazione.
Strano effetto sentirsi così nudi e vulnerabili, nel mezzo di una sala silenziosa.
Così strana da decidere di uscire, e tornare a farsi frustare dal gelo, che comunque fa assai meno male.
Francesco Nardi scrive su una vecchia porta da lui riportata in vita:
“È incredibile come grandi artisti attraverso una grande sofferenza riuscissero a trasmettere una grande gioia.”
Ho visto un musicista suonare ad un angolo di strada. Non era uno di quelli che violentano le corde dei violini. Era un musicista vero, con le guance arrossate dal gelo. Ma come un violentatore di violini, aveva gli spiccioli nella custodia del suo strumento.
Poco oltre, davvero pochi passi, una mostra di pittori … outsiderart … un modo elegante per dire molte cose spiacevoli. La follia dipinta, colorata, attraente e affascinante. Uno su tutti, occhi mischiati, mani tese e grida. La disperazione.
Strano effetto sentirsi così nudi e vulnerabili, nel mezzo di una sala silenziosa.
Così strana da decidere di uscire, e tornare a farsi frustare dal gelo, che comunque fa assai meno male.
Francesco Nardi scrive su una vecchia porta da lui riportata in vita:
“È incredibile come grandi artisti attraverso una grande sofferenza riuscissero a trasmettere una grande gioia.”
Dov’era dio quando avete votato i fascisti? (27 Gennaio 2010)
Dov’era dio quando avete votato i fascisti? (di Rita Pani)
Da sempre non mi piacciono “le giornate”. A partire da quella della donna per finire con quella della memoria. Quale memoria deve avere un giorno dedicato per indurre a ricordare? Ma tant’è, bisogna accontentarsi di quell’unico giorno all’anno in cui la storia ci attraversa e ancora ferisce con poesie, filmati, fotografie e qualche frase fatta. La memoria dovrebbe essere qualcosa che fa parte di ognuno di noi, grazie alla quale ci si evolve, si sa, si conosce.
Oggi è il 27 Gennaio, è il giorno della memoria per le vittime dell’Olocausto. Qualche insegnante temerario forse racconterà ai propri alunni quel pezzo di storia che non si arriva mai a studiare troppo a fondo dai libri. Qualche altro starà fermo al tempo dei romani, delle loro conquiste citate una per una in un rigido protocollo cronologico.
Molte iniziative in tante città. Lo spolvero dei sopravvissuti col numero sbiadito stampato sull’avambraccio, a narrare sempre con lo stesso dolore la loro esistenza. Ricorderemo, almeno fino a domani mattina.
Però c’è un problema, o forse più di uno. Per esempio Mariagrazia, che la storia vorrebbe insegnarla davvero, si è vista negare dal preside della scuola, la possibilità di far vedere ai propri alunni il film “Schindler list”. Troppo lungo, e poi i ragazzi potrebbero restare traumatizzati dalla crudezza delle immagini.
Poi c’è il resto. Per esempio a Roma, alle 13, il sindaco alemanno parteciperà ad un incontro di riflessione insieme all'assessore alle Politiche Educative Scolastiche, della Famiglia e della Gioventù, laura marsilio, "Dov'era Dio ad Auschwitz?"
A prescindere dal fatto che già “Politiche Educative Scolastiche, della Famiglia e della Gioventù”, così drammaticamente di memoria fascista mette i brividi, quali livelli di ipocrisia siamo pronti a tollerare? Non sarà solo alemanno a riflettere sul passato, ma saranno in molti, in tante città italiane. E non troveranno il temo certamente di riflettere sull’oggi e sul domani. Dov’era dio quando i mezzi del comune coadiuvati dall’esercito all’alba di una mattina qualunque, demoliva le baracche dei rom e li deportava chissà dove?
Dov’è dio ogni volta che un migrante muore in mare perché respinto, o resta ad essiccarsi al sole del deserto libico?
Speriamo che tra cinquant’anni avanzi un giorno del calendario, per ricordare anche loro.
Da sempre non mi piacciono “le giornate”. A partire da quella della donna per finire con quella della memoria. Quale memoria deve avere un giorno dedicato per indurre a ricordare? Ma tant’è, bisogna accontentarsi di quell’unico giorno all’anno in cui la storia ci attraversa e ancora ferisce con poesie, filmati, fotografie e qualche frase fatta. La memoria dovrebbe essere qualcosa che fa parte di ognuno di noi, grazie alla quale ci si evolve, si sa, si conosce.
Oggi è il 27 Gennaio, è il giorno della memoria per le vittime dell’Olocausto. Qualche insegnante temerario forse racconterà ai propri alunni quel pezzo di storia che non si arriva mai a studiare troppo a fondo dai libri. Qualche altro starà fermo al tempo dei romani, delle loro conquiste citate una per una in un rigido protocollo cronologico.
Molte iniziative in tante città. Lo spolvero dei sopravvissuti col numero sbiadito stampato sull’avambraccio, a narrare sempre con lo stesso dolore la loro esistenza. Ricorderemo, almeno fino a domani mattina.
Però c’è un problema, o forse più di uno. Per esempio Mariagrazia, che la storia vorrebbe insegnarla davvero, si è vista negare dal preside della scuola, la possibilità di far vedere ai propri alunni il film “Schindler list”. Troppo lungo, e poi i ragazzi potrebbero restare traumatizzati dalla crudezza delle immagini.
Poi c’è il resto. Per esempio a Roma, alle 13, il sindaco alemanno parteciperà ad un incontro di riflessione insieme all'assessore alle Politiche Educative Scolastiche, della Famiglia e della Gioventù, laura marsilio, "Dov'era Dio ad Auschwitz?"
A prescindere dal fatto che già “Politiche Educative Scolastiche, della Famiglia e della Gioventù”, così drammaticamente di memoria fascista mette i brividi, quali livelli di ipocrisia siamo pronti a tollerare? Non sarà solo alemanno a riflettere sul passato, ma saranno in molti, in tante città italiane. E non troveranno il temo certamente di riflettere sull’oggi e sul domani. Dov’era dio quando i mezzi del comune coadiuvati dall’esercito all’alba di una mattina qualunque, demoliva le baracche dei rom e li deportava chissà dove?
Dov’è dio ogni volta che un migrante muore in mare perché respinto, o resta ad essiccarsi al sole del deserto libico?
Speriamo che tra cinquant’anni avanzi un giorno del calendario, per ricordare anche loro.
E non hanno capito un cazzo (26 Gennaio 2010)
E non hanno capito un cazzo (di Rita Pani)
Sempre più difficile scrivere di politica, compito arduo come un giochino cervellotico della Settimana Enigmistica, che quando riesci a risolverlo, ti lascia un piacere quasi orgasmico. Ho letto la patetica lettera di Ferraro a Vendola, sensata ma implorante, so delle difficoltà in cui si trova Rizzo. Immagino le discussioni interne allo zoccolo duro del PCL. Comprendo la soddisfazione provata dopo il plebiscito pugliese – soddisfazione anche mia – ma mi domando se persino Vendola abbia capito fino in fondo il senso.
Bersani certamente no, o non si spiegherebbero le dichiarazioni ribadite anziché smentite, sulla linea del partito che comunque non cambierà. Forse si è lasciato inquietare da quel che ha detto Rutelli, ossia che il PD ormai ha pericolosamente svoltato a sinistra, ma a questo punto dovrebbe anche ricordare che per il Clinton de noantri, Bersani stesso rappresentava un primo pesante balzo verso il comunismo stalinista.
Non possono aver capito il senso, se ancora si preoccupano di stringere alleanze con l’UDC, e se temono l’avanzata di un partito di stampo mafio/cattolico. Io non credo alla favola dell’opportunità regionale, più semplicemente so che si tratta di era e fredda contabilità. Numeri per vincere, e mi piace ricordare che il premio in palio siamo noi.
Se avessero capito, finalmente avrebbero ricordato la grande marea di cittadini elettori che sentono nostalgia di un voto dato con coscienza e convinzione, con le narici libere, con la netta sensazione dell’urgenza, proprio perché limitato alla realtà entro la quale si sopravvive.
Trovo emblematici i fatti bolognesi. Rappresentativi di un’Italia ormai corrotta dal berlusconismo che non trova più il confine tra destra e sinistra. Prodi oggi diceva – pressappoco – che trovava ridicolo il fatto che il sindaco suo amico fosse stato messo alla berlina “per una manciata di euro”, adducendo come scusante il fatto che a destra rubano tutti e assai di più. No, decisamente, non hanno capito. Se si fossero sforzati di comprendere, avrebbero ricordato con tutta la tristezza del caso, che il ladro di polli, viaggiatore accanito, in prima battuta disse: “Anche se sarò inquisito, non mi dimetterò” … come gli ha insegnato berlusconi. Bersani ha “apprezzato molto il gesto” di Delbuono, che a suo dire dovrebbe garantire la giusta morale degli uomini del PD.
Provate a pensare che bello se anziché garantire al popolo la dignità di un ladro che preso con le mani nel sacco si dimette, provassero a garantire che i comuni italiani, e le regioni, potranno riprendere a funzionare in una logica diversa da quella che ormai è dello stato tutto intero.
Ma nemmeno io faccio testo, ormai sono sempre più appassionata di fantascienza.
Sempre più difficile scrivere di politica, compito arduo come un giochino cervellotico della Settimana Enigmistica, che quando riesci a risolverlo, ti lascia un piacere quasi orgasmico. Ho letto la patetica lettera di Ferraro a Vendola, sensata ma implorante, so delle difficoltà in cui si trova Rizzo. Immagino le discussioni interne allo zoccolo duro del PCL. Comprendo la soddisfazione provata dopo il plebiscito pugliese – soddisfazione anche mia – ma mi domando se persino Vendola abbia capito fino in fondo il senso.
Bersani certamente no, o non si spiegherebbero le dichiarazioni ribadite anziché smentite, sulla linea del partito che comunque non cambierà. Forse si è lasciato inquietare da quel che ha detto Rutelli, ossia che il PD ormai ha pericolosamente svoltato a sinistra, ma a questo punto dovrebbe anche ricordare che per il Clinton de noantri, Bersani stesso rappresentava un primo pesante balzo verso il comunismo stalinista.
Non possono aver capito il senso, se ancora si preoccupano di stringere alleanze con l’UDC, e se temono l’avanzata di un partito di stampo mafio/cattolico. Io non credo alla favola dell’opportunità regionale, più semplicemente so che si tratta di era e fredda contabilità. Numeri per vincere, e mi piace ricordare che il premio in palio siamo noi.
Se avessero capito, finalmente avrebbero ricordato la grande marea di cittadini elettori che sentono nostalgia di un voto dato con coscienza e convinzione, con le narici libere, con la netta sensazione dell’urgenza, proprio perché limitato alla realtà entro la quale si sopravvive.
Trovo emblematici i fatti bolognesi. Rappresentativi di un’Italia ormai corrotta dal berlusconismo che non trova più il confine tra destra e sinistra. Prodi oggi diceva – pressappoco – che trovava ridicolo il fatto che il sindaco suo amico fosse stato messo alla berlina “per una manciata di euro”, adducendo come scusante il fatto che a destra rubano tutti e assai di più. No, decisamente, non hanno capito. Se si fossero sforzati di comprendere, avrebbero ricordato con tutta la tristezza del caso, che il ladro di polli, viaggiatore accanito, in prima battuta disse: “Anche se sarò inquisito, non mi dimetterò” … come gli ha insegnato berlusconi. Bersani ha “apprezzato molto il gesto” di Delbuono, che a suo dire dovrebbe garantire la giusta morale degli uomini del PD.
Provate a pensare che bello se anziché garantire al popolo la dignità di un ladro che preso con le mani nel sacco si dimette, provassero a garantire che i comuni italiani, e le regioni, potranno riprendere a funzionare in una logica diversa da quella che ormai è dello stato tutto intero.
Ma nemmeno io faccio testo, ormai sono sempre più appassionata di fantascienza.
Appunti di viaggio 2 (Sardegna/Padania) (26 Gennaio 2010)
Appunti di viaggio 2 (Sardegna/Padania) (di Rita Pani)
Giornata pesante, fatta di attese e aeroporti. Cagliari. La morte nel cuore, e la bandiera dei quattro mori che mi dice che quella è la mia terra. Ho ore da attendere, ma arriva Giulio a farmi compagnia. Lui è uno che la vita se la è tatuata addosso, e quando mi dice che il tempo va occupato meglio mi porta in giro. Non il salotto, ma l’anticamera di Cagliari dove la storia rasenta la mitologia.
“Vedi? Qui iniziammo la sassaiola contro il Papa Paolo Sesto … ma poi non era vero. Dissero che tirammo le pietre al Papa. Vedi? Io sono nato là … di Sant’Elia è come se fossi socio fondatore.” Guardo lui, e guardo il mare dietro Cala Mosca, il Lazzaretto recuperato dalle mani del tempo. I posti nascosti di una città bellissima che mi appartiene e che forse non avrei visto mai, se oggi non lo avessi incontrato.
Giorni pesanti, e belli quelli passati in Sardegna. La famiglia certo, quel che resta sola ad esser rifugio. Le mani piccole della nipotina che sono magiche come solo quelle dei bimbi sanno essere. Il suo sguardo che si fa torvo, e che io ricordo negli occhi di mio fratello dispettoso. E l’amica di sempre, che credevo persa, e che invece ritrovo là, ferma nello stesso sorriso di una volta, di quando il sorriso non costava caro ma pareva essere un dono, o dato in omaggio dalla vita.
Poi Giulio mi bacia in fronte prima di lasciarmi inoltrare tra i gingilli di una sicurezza aeroportuale da mostrare, più che da determinare. Transenna dopo transenna, vedendo gente costretta a togliersi anche le scarpe, proseguo il mio viaggio, fino a Roma, e poi fino a Verona.
A Roma l’Alitalia che era morta rivive nel miracolo degli aerei e degli aeroporti vuoti, e noi Meridiana siamo relegati affianco alla Rayanair. “Si avvisano i signori passeggeri che i trasferimento verrà effettuato a piedi …” Poi atterri che sei quasi a Viterbo.
Roma, T3. Siedi e pensi a quando finalmente ti toglierai le scarpe che indossi dalla mattina. Verona, uscita C16. T3 perché l’Alitalia che non esiste più si è mangiata mezza Fiumicino. Cambia il mondo oltre la mia isola. Me ne sto seduta ad attendere, e si avvicina un vecchio padano. Dice di essere stanco di perdere tempo tra aerei per un’ora scarsa di riunione. Sorrido. A lui squilla il telefono e parla … parla … poi mi dice che al telefono era un mega imprenditore che ha costruito qualcosa ad Atene. Mi dice che un suo amico aveva pensato prima al patrimonio, poi alle cartucce, ma quando aveva provato a spararle le aveva trovate scariche. Poi mi chiede come mai, la mia meta sia Verona, e io dico una cosa, una qualunque. I suoi occhi potrebbero essere anche belli, se non fossero persi nella grettezza del freddo che hanno. Si parla del Veneto, di quanto mi piaccia Padova più di tutte, per i ricordi che evoca in me. Lui risponde ancora al telefono, e poi mi dice del patrimonio del suo amico, un altro, che pare abbia ucciso la moglie perché spendeva troppo di quel che lui lavorava. E alla fine mi chiede da dove io venga … non riesce a capirlo.
“Sono sarda.” Rispondo con l’orgoglio che mi appartiene e sentendo freddo mi stringo nella giacca.
“Freddo? Io non so perché veniate nella terra ferma.” Risponde.
“Lo facciamo per voi, perché avete bisogno della nostra civiltà.”
E che bello quando mi ha suonato il telefono: “Avanti popolo!” mentre me ne stavo in fila per l’imbarco …
Una musica dice sempre di più di quanto non possano le parole.
Giornata pesante, fatta di attese e aeroporti. Cagliari. La morte nel cuore, e la bandiera dei quattro mori che mi dice che quella è la mia terra. Ho ore da attendere, ma arriva Giulio a farmi compagnia. Lui è uno che la vita se la è tatuata addosso, e quando mi dice che il tempo va occupato meglio mi porta in giro. Non il salotto, ma l’anticamera di Cagliari dove la storia rasenta la mitologia.
“Vedi? Qui iniziammo la sassaiola contro il Papa Paolo Sesto … ma poi non era vero. Dissero che tirammo le pietre al Papa. Vedi? Io sono nato là … di Sant’Elia è come se fossi socio fondatore.” Guardo lui, e guardo il mare dietro Cala Mosca, il Lazzaretto recuperato dalle mani del tempo. I posti nascosti di una città bellissima che mi appartiene e che forse non avrei visto mai, se oggi non lo avessi incontrato.
Giorni pesanti, e belli quelli passati in Sardegna. La famiglia certo, quel che resta sola ad esser rifugio. Le mani piccole della nipotina che sono magiche come solo quelle dei bimbi sanno essere. Il suo sguardo che si fa torvo, e che io ricordo negli occhi di mio fratello dispettoso. E l’amica di sempre, che credevo persa, e che invece ritrovo là, ferma nello stesso sorriso di una volta, di quando il sorriso non costava caro ma pareva essere un dono, o dato in omaggio dalla vita.
Poi Giulio mi bacia in fronte prima di lasciarmi inoltrare tra i gingilli di una sicurezza aeroportuale da mostrare, più che da determinare. Transenna dopo transenna, vedendo gente costretta a togliersi anche le scarpe, proseguo il mio viaggio, fino a Roma, e poi fino a Verona.
A Roma l’Alitalia che era morta rivive nel miracolo degli aerei e degli aeroporti vuoti, e noi Meridiana siamo relegati affianco alla Rayanair. “Si avvisano i signori passeggeri che i trasferimento verrà effettuato a piedi …” Poi atterri che sei quasi a Viterbo.
Roma, T3. Siedi e pensi a quando finalmente ti toglierai le scarpe che indossi dalla mattina. Verona, uscita C16. T3 perché l’Alitalia che non esiste più si è mangiata mezza Fiumicino. Cambia il mondo oltre la mia isola. Me ne sto seduta ad attendere, e si avvicina un vecchio padano. Dice di essere stanco di perdere tempo tra aerei per un’ora scarsa di riunione. Sorrido. A lui squilla il telefono e parla … parla … poi mi dice che al telefono era un mega imprenditore che ha costruito qualcosa ad Atene. Mi dice che un suo amico aveva pensato prima al patrimonio, poi alle cartucce, ma quando aveva provato a spararle le aveva trovate scariche. Poi mi chiede come mai, la mia meta sia Verona, e io dico una cosa, una qualunque. I suoi occhi potrebbero essere anche belli, se non fossero persi nella grettezza del freddo che hanno. Si parla del Veneto, di quanto mi piaccia Padova più di tutte, per i ricordi che evoca in me. Lui risponde ancora al telefono, e poi mi dice del patrimonio del suo amico, un altro, che pare abbia ucciso la moglie perché spendeva troppo di quel che lui lavorava. E alla fine mi chiede da dove io venga … non riesce a capirlo.
“Sono sarda.” Rispondo con l’orgoglio che mi appartiene e sentendo freddo mi stringo nella giacca.
“Freddo? Io non so perché veniate nella terra ferma.” Risponde.
“Lo facciamo per voi, perché avete bisogno della nostra civiltà.”
E che bello quando mi ha suonato il telefono: “Avanti popolo!” mentre me ne stavo in fila per l’imbarco …
Una musica dice sempre di più di quanto non possano le parole.
Fantapolitica (24 Gennaio 2010)
Fantapolitica (di Rita Pani)
Leggevo un po’ di nomi di candidati alle prossime elezioni, e mi ribadivo l’idea di annullare la scheda elettorale con una sequela di parolacce, facendo ricorso alla memoria e ricercando le più difficili che so. La mia posta elettronica, accumulata in questi giorni di spostamenti casuali e convulsi, trabocca di inviti alla discussione che spaziano dalla necessità di una riorganizzazione a sinistra, all’ennesimo dibattito sulla riforma della giustizia. Mi è appena giunto anche l’invito a non smettere di sognare, e di essere sognatori, relativo alla giornata di primarie, oggi in Puglia. E a me sembra sempre più d’essere stata teletrasportata sulla terra, direttamente dall’Enterprise.
Non parteciperò a nessuna discussione politica, perché non credo che ci sia più nulla di politico da discutere. Siamo più o meno al punto di non ritorno. Con molta superficialità stiamo assistendo alla creazione di una nuova dinastia monarchica. Nessun principe è tornato vittorioso dalla battaglia in un regno vicino, così da potersi meritare la successione al trono; in Italia, berluconi il giovane, ha solo dovuto attendere di essere iscritto nel registro degli indagati per assicurarsi di poter sostituire il padre alla guida del regno, quando l’immortale deciderà di abdicare. I primi editti del principe sono chiari: a morte i giudici, viva il re mio padre.
In Lombardia l’avannotto si appresta a diventare trota, partendo dal basso come fece papà. Una seggiola alla regione, dopo essere stato educato al nazismo dalle scuole padane. Al sud, la plurindagata moglie di mastella invia video lettere agli elettori che tanto la rimpiangono. Se solo mi avessero invitato a un dibattito sulle cronache giudiziarie, forse, avrei potuto partecipare.
Il re prepara le liste delle nuove cortigiane. Estromesse per volere di Veronica durante l’ultima tornata elettorale europea, eccole riapparire, troie e ballerine, veline e dame di compagnia, coordinatrici delle loggette “silvio ci manchi”. Lo scandalo ormai è dimenticato, e l’italiota non porta rancore. Questa volta a stupirmi positivamente, sono stati i radicali che in Veneto e Lazio, candideranno Tinto Brass. L’esperto di culi per antonomasia, al quale non si potrà certo negare la carica di coordinatore di tanto materiale umano.
E poi ci sono i ministri candidati a sindaco, che chiaramente affermano dinnanzi al popolo elettore: “Mi candido ma sarò sindaco a metà.” (poi uno dice che fa battute scorrette) O l’altra … la ministra delle pari opportunità: “Mi candido ma non farò il sindaco di Napoli, perché io sono un soldato del pdl e non del governo”.
Eh! Provate a pensare alla domanda delle domande: “Mi scusi, signora ministro, ma allora che cazzo si candida a fare?”
Ma questa sì … è fantascienza.
Leggevo un po’ di nomi di candidati alle prossime elezioni, e mi ribadivo l’idea di annullare la scheda elettorale con una sequela di parolacce, facendo ricorso alla memoria e ricercando le più difficili che so. La mia posta elettronica, accumulata in questi giorni di spostamenti casuali e convulsi, trabocca di inviti alla discussione che spaziano dalla necessità di una riorganizzazione a sinistra, all’ennesimo dibattito sulla riforma della giustizia. Mi è appena giunto anche l’invito a non smettere di sognare, e di essere sognatori, relativo alla giornata di primarie, oggi in Puglia. E a me sembra sempre più d’essere stata teletrasportata sulla terra, direttamente dall’Enterprise.
Non parteciperò a nessuna discussione politica, perché non credo che ci sia più nulla di politico da discutere. Siamo più o meno al punto di non ritorno. Con molta superficialità stiamo assistendo alla creazione di una nuova dinastia monarchica. Nessun principe è tornato vittorioso dalla battaglia in un regno vicino, così da potersi meritare la successione al trono; in Italia, berluconi il giovane, ha solo dovuto attendere di essere iscritto nel registro degli indagati per assicurarsi di poter sostituire il padre alla guida del regno, quando l’immortale deciderà di abdicare. I primi editti del principe sono chiari: a morte i giudici, viva il re mio padre.
In Lombardia l’avannotto si appresta a diventare trota, partendo dal basso come fece papà. Una seggiola alla regione, dopo essere stato educato al nazismo dalle scuole padane. Al sud, la plurindagata moglie di mastella invia video lettere agli elettori che tanto la rimpiangono. Se solo mi avessero invitato a un dibattito sulle cronache giudiziarie, forse, avrei potuto partecipare.
Il re prepara le liste delle nuove cortigiane. Estromesse per volere di Veronica durante l’ultima tornata elettorale europea, eccole riapparire, troie e ballerine, veline e dame di compagnia, coordinatrici delle loggette “silvio ci manchi”. Lo scandalo ormai è dimenticato, e l’italiota non porta rancore. Questa volta a stupirmi positivamente, sono stati i radicali che in Veneto e Lazio, candideranno Tinto Brass. L’esperto di culi per antonomasia, al quale non si potrà certo negare la carica di coordinatore di tanto materiale umano.
E poi ci sono i ministri candidati a sindaco, che chiaramente affermano dinnanzi al popolo elettore: “Mi candido ma sarò sindaco a metà.” (poi uno dice che fa battute scorrette) O l’altra … la ministra delle pari opportunità: “Mi candido ma non farò il sindaco di Napoli, perché io sono un soldato del pdl e non del governo”.
Eh! Provate a pensare alla domanda delle domande: “Mi scusi, signora ministro, ma allora che cazzo si candida a fare?”
Ma questa sì … è fantascienza.
Appunti di viaggio 1 (22 Gennaio 2010)
Appunti di viaggio 1 (di Rita Pani)
Prima tappa Roma. Primo treno, il solito regionale che mi porta giù da Narni. Trovo posto, e non devo nemmeno sistemare il bagaglio impiccandolo in alto. Non ho molta voglia di tenere gli occhi aperti, non ho molta voglia nemmeno di osservare quanto impetuoso sia il Tevere. Me ne sto così, stringendo il collo del mio giaccone. A Orte salgono i fidanzati. Li guardo, hanno le scarpe uguali, il maglione uguale. Solo i capelli si differenziano per lunghezza e colore. Parlano, lei è gelosa perché lui dovrà andare in Spagna con l’Erasmus, e starà via fino all’estate.
“ L’estate lo so tanto che ti si ingrosserà l’ormone…” le dice lei con un piglio acido e deciso. E io mi ridesto andando a incontrare gli occhi del passeggero seduto davanti a me. È interrogativo il nostro sguardo, come a chiederci l’un l’altra: “Ma che davvero gli ha detto così?” Ci salva il trambusto della galleria, un telefono che suona, il capotreno che controlla i biglietti. Galleria dopo galleria, cerco di immaginare un ormone che s’ingrossa, poi mi ricordo che io lo chiamavo in un altro modo. Ma forse non era un ormone.
Tiburtina, io sono seduta spalle alla compagnia, il primo posto che ho trovato. L’odore forte di miseria annuncia il passaggio di un signore curvo, con almeno tre giubbotti indosso e la busta di plastica che contiene tutta la sua vita, e forse qualcosa in più. Si ferma proprio di fianco alla ragazza gelosa, che guarda con gli occhi sbarrati verso di me, poi si alza e finge di guardare fuori dal finestrino. Il poveretto finalmente scende dal treno, e lei tornata a sedere prega il ragazzo dall’ormone gonfiabile, di guardarle la testa: “E se mi ha attaccato le zecche? Guarda bene.” Il mio risveglio è totale. Cinque minuti ancora per arrivare a Termini. Cinque minuti durante i quali, mai staccherò gli occhi da quella coppia, che parla d’esami e di università, di studi e di domani.
Viene a prendermi un amico, poi si va. Abbiamo un po’ di cose da fare, da dire, e a Roma in auto devi avere pazienza. Si ascolta la radio, fino a quando, zitti, ci colpisce uno spot del governo: “Vuoi andare in vacanza? Se hai un piccolo reddito, il governo ti regalerà un bonus per andare a godere delle meraviglie italiane. Vai subito sul sito www.governo.it. Anche tu potrai andare in vacanza…” Il mio amico non è esattamente un comunista, ma è mio amico. Mi conosce, e cerco subito i suoi occhi. Ma quando li trovo ridono già, e forse non aspettavano altro di vedere la mia faccia tutta intera a chiedergli: “Ma cazzo. Lo ha detto davvero?”
Annuisce. Sì, lo ha detto davvero. Ora però non correte sul sito convinti di potervi aggiudicare un weekend a Porto Cervo per la metà d’agosto. Al massimo vi daranno 30 euro per andare a Rimini a Febbraio…
Prima tappa Roma. Primo treno, il solito regionale che mi porta giù da Narni. Trovo posto, e non devo nemmeno sistemare il bagaglio impiccandolo in alto. Non ho molta voglia di tenere gli occhi aperti, non ho molta voglia nemmeno di osservare quanto impetuoso sia il Tevere. Me ne sto così, stringendo il collo del mio giaccone. A Orte salgono i fidanzati. Li guardo, hanno le scarpe uguali, il maglione uguale. Solo i capelli si differenziano per lunghezza e colore. Parlano, lei è gelosa perché lui dovrà andare in Spagna con l’Erasmus, e starà via fino all’estate.
“ L’estate lo so tanto che ti si ingrosserà l’ormone…” le dice lei con un piglio acido e deciso. E io mi ridesto andando a incontrare gli occhi del passeggero seduto davanti a me. È interrogativo il nostro sguardo, come a chiederci l’un l’altra: “Ma che davvero gli ha detto così?” Ci salva il trambusto della galleria, un telefono che suona, il capotreno che controlla i biglietti. Galleria dopo galleria, cerco di immaginare un ormone che s’ingrossa, poi mi ricordo che io lo chiamavo in un altro modo. Ma forse non era un ormone.
Tiburtina, io sono seduta spalle alla compagnia, il primo posto che ho trovato. L’odore forte di miseria annuncia il passaggio di un signore curvo, con almeno tre giubbotti indosso e la busta di plastica che contiene tutta la sua vita, e forse qualcosa in più. Si ferma proprio di fianco alla ragazza gelosa, che guarda con gli occhi sbarrati verso di me, poi si alza e finge di guardare fuori dal finestrino. Il poveretto finalmente scende dal treno, e lei tornata a sedere prega il ragazzo dall’ormone gonfiabile, di guardarle la testa: “E se mi ha attaccato le zecche? Guarda bene.” Il mio risveglio è totale. Cinque minuti ancora per arrivare a Termini. Cinque minuti durante i quali, mai staccherò gli occhi da quella coppia, che parla d’esami e di università, di studi e di domani.
Viene a prendermi un amico, poi si va. Abbiamo un po’ di cose da fare, da dire, e a Roma in auto devi avere pazienza. Si ascolta la radio, fino a quando, zitti, ci colpisce uno spot del governo: “Vuoi andare in vacanza? Se hai un piccolo reddito, il governo ti regalerà un bonus per andare a godere delle meraviglie italiane. Vai subito sul sito www.governo.it. Anche tu potrai andare in vacanza…” Il mio amico non è esattamente un comunista, ma è mio amico. Mi conosce, e cerco subito i suoi occhi. Ma quando li trovo ridono già, e forse non aspettavano altro di vedere la mia faccia tutta intera a chiedergli: “Ma cazzo. Lo ha detto davvero?”
Annuisce. Sì, lo ha detto davvero. Ora però non correte sul sito convinti di potervi aggiudicare un weekend a Porto Cervo per la metà d’agosto. Al massimo vi daranno 30 euro per andare a Rimini a Febbraio…
Sanculotti con le mutande (bucate) (20 Gennaio 2010)
Sanculotti con le mutande (bucate) (di Rita Pani)
Siamo sanculotti, ma non ce ne accorgiamo. Forse perché, se pure bucate, un paio di mutande le abbiamo ancora. Al senato è passata l’amnistia per berlusconi, e tra le pieghe della legge, come spesso accade, è passato anche un condono per gli uomini delle istituzioni, nazionali e locali, che avrebbero dovuto ripagare lo stato (in teoria noi) per danni all’erario. Una cifra stimata in 500 milioni di euro, quindi pochissima cosa. Ovviamente questa ennesima deforma è stata fatta per noi, per tutti i cittadini che sono stufi della lunghezza dei processi, e per tutti gli altri che potranno pagare un buon avvocato, che con un po’ di maestria, riuscirà a tenere il suo assistito lontano dalle patrie galere. In effetti anche le galere sono un problema, piene di tossici che muoiono per cause naturali dopo essere stati massacrati, o di clandestini che impiccandosi muoiono per insufficienza respiratoria grave. Ma almeno a questo hanno posto rimedio, col piano carcere: un’ equa distribuzione di danari tra le solite ditte facenti capo alla Loggia di governo.
L’indignazione è partita subito con il solito contributo della Rete. Siamo sanculotti computerizzati, e la rivoluzione la facciamo con un doppio click del tasto sinistro del mouse. Poi c’è pure questa piaga delle elezioni, della campagna elettorale, e si deve decidere in fretta con chi sta casini, quanti voti la binetti porterà a ruitelli, chi è più a sinistra della sinistra. Persino Di Pietro (che pure scrivo maiuscolo) oggi ha avuto un ritorno di fiamma verso Bersani; pare che si siano accorti che c’è finalmente bisogno di un’alternativa. Il tempo, come si dice, è galantuomo; almeno lui.
Fosse per me organizzerei un bel falò day. Tutti in pubblica piazza, muniti di certificati elettorali, da incendiare simultaneamente in ogni città italiana. Conosco bene le obiezioni, in fondo sono pure le mie. Il diritto del voto, l’opportunità democratica e via discorrendo. Peccato però che oggi, votare in Italia, non è esattamente né libero, né democratico. Le alleanze locali danno il senso della pochezza di questo nostro paese. L’udc di casini, il partito quasi dichiaratamente mafioso, ambito da entrambe le parti per garantirsi il successo elettorale (spartizione di beni e servizi) al sud è un esempio. Non che il nord sia messo meglio, ovviamente, se consideriamo che i fortunati elettori del partito del popolo padano quasi certamente eleggerà il figlio idiota di quel cretino di bossi alla Regione. Il Lazio invece potrà scegliere tra la segretaria generale di un sindacato che non esiste e che solo falsificando tessere si è potuto infilare nelle sale del comando, o una trasformista come la bonino che si è imposta come “nuova” prospettiva.
Dei “nostri” manco scrivo, è sufficiente l’esempio di Vendola, come dice Michelangelo: Solo con tutti!
Quando ci metteranno in galera perché avremo rubato un paio di mutande, forse riusciremo tutti a comprendere meglio le nostre reali responsabilità. Ma è presto, lo ha detto anche tremonti: quest’anno ci riprenderemo dell’1%.
Siamo sanculotti, ma non ce ne accorgiamo. Forse perché, se pure bucate, un paio di mutande le abbiamo ancora. Al senato è passata l’amnistia per berlusconi, e tra le pieghe della legge, come spesso accade, è passato anche un condono per gli uomini delle istituzioni, nazionali e locali, che avrebbero dovuto ripagare lo stato (in teoria noi) per danni all’erario. Una cifra stimata in 500 milioni di euro, quindi pochissima cosa. Ovviamente questa ennesima deforma è stata fatta per noi, per tutti i cittadini che sono stufi della lunghezza dei processi, e per tutti gli altri che potranno pagare un buon avvocato, che con un po’ di maestria, riuscirà a tenere il suo assistito lontano dalle patrie galere. In effetti anche le galere sono un problema, piene di tossici che muoiono per cause naturali dopo essere stati massacrati, o di clandestini che impiccandosi muoiono per insufficienza respiratoria grave. Ma almeno a questo hanno posto rimedio, col piano carcere: un’ equa distribuzione di danari tra le solite ditte facenti capo alla Loggia di governo.
L’indignazione è partita subito con il solito contributo della Rete. Siamo sanculotti computerizzati, e la rivoluzione la facciamo con un doppio click del tasto sinistro del mouse. Poi c’è pure questa piaga delle elezioni, della campagna elettorale, e si deve decidere in fretta con chi sta casini, quanti voti la binetti porterà a ruitelli, chi è più a sinistra della sinistra. Persino Di Pietro (che pure scrivo maiuscolo) oggi ha avuto un ritorno di fiamma verso Bersani; pare che si siano accorti che c’è finalmente bisogno di un’alternativa. Il tempo, come si dice, è galantuomo; almeno lui.
Fosse per me organizzerei un bel falò day. Tutti in pubblica piazza, muniti di certificati elettorali, da incendiare simultaneamente in ogni città italiana. Conosco bene le obiezioni, in fondo sono pure le mie. Il diritto del voto, l’opportunità democratica e via discorrendo. Peccato però che oggi, votare in Italia, non è esattamente né libero, né democratico. Le alleanze locali danno il senso della pochezza di questo nostro paese. L’udc di casini, il partito quasi dichiaratamente mafioso, ambito da entrambe le parti per garantirsi il successo elettorale (spartizione di beni e servizi) al sud è un esempio. Non che il nord sia messo meglio, ovviamente, se consideriamo che i fortunati elettori del partito del popolo padano quasi certamente eleggerà il figlio idiota di quel cretino di bossi alla Regione. Il Lazio invece potrà scegliere tra la segretaria generale di un sindacato che non esiste e che solo falsificando tessere si è potuto infilare nelle sale del comando, o una trasformista come la bonino che si è imposta come “nuova” prospettiva.
Dei “nostri” manco scrivo, è sufficiente l’esempio di Vendola, come dice Michelangelo: Solo con tutti!
Quando ci metteranno in galera perché avremo rubato un paio di mutande, forse riusciremo tutti a comprendere meglio le nostre reali responsabilità. Ma è presto, lo ha detto anche tremonti: quest’anno ci riprenderemo dell’1%.
Nota personale ... (19 Gennaio 2010)
Nota personale ... (di Rita Pani)
(Sorrido) Esci perché c’è il sole, e perché davvero hai bisogno di un paio di pantaloni. Esci facendo fatica perché hai già letto i giornali che non ti predispongono all’ottimistica visione del futuro. In mente la notizia di una donna – una barbona – gentilmente chiamata clochard, violentata e poi ammazzata a calci e pugni. La fabbrica della Dainese, l’abbigliamento di Valentino Rossi pagato milioni anche per scorreggiare, chiude in Italia lasciando a terra ottanta famiglie, per riaprire in Tunisia. Il localino con la grotta dove ogni tanto ti piaceva portare la tua amica Maria a mangiare gli gnocconi, pensa di chiudere. Poi il racconto della festa di Sant’Antonio, la benedizione di anatre e caprette, cani e gatti, e il pranzo organizzato dalla parrocchia, in un locale niente male immerso nel verde della campagna umbra. Il fedele che a un certo punto, tra un bicchiere di vino e un morso al cinghiale dice al prete: “Don Tiziano, non sarebbe il caso di pensare a organizzare una colletta per Haiti?” E il prete, bergamasco, che risponde: “ non è già tanto che ci pensiamo?”
So che ci devo fare i conti. So che questo è “il mondo” e così chiedo alla mia amica se ora ha compreso perché io non riesca ad avere fiducia nel futuro, lei annuisce ma poi si ribella, utilizzando un po’ di quelle frasi fatte che escono dal cuore, di Dio che chiude le porte e apre i portoni, che fino a che c’è vita c’è speranza. E si prosegue, cercando i pantaloni meno brutti e a miglior prezzo.
Di fronte alla cassa un uomo mi guarda con insistenza, e quando comprende che sono seccata mi si avvicina con gentilezza: “Ma lei è Rita Pani?” Non faccio in tempo a finire di annuire, avvolgendomi di tutto l’imbarazzo che conosco, che il signore mi ha già detto tutto quello che c’era da dire, sulla vita, sul mondo, sulla politica, e persino sul mio viso che sembra più triste di quello della fotografia. Balbetto qualcosa e non so come, l’ex socialista mi dice: “E però Craxi ha pagato per tutti.”
Se ne va l’imbarazzo, se ne va persino il mutismo perché d’impeto provo a fargli un esempio di “uomo che ha pagato”. Graziano Mesina, che si è fatto più di trent’anni di galera a volte colpevole e a volte innocente. Provo a spiegare il senso del termine “pagare”, che davvero a craxi non può appartenere.
“Non ha pagato un cazzo Craxi, semplicemente è scappato, ha vissuto bene il tempo che gli è rimasto, e secondo me ha conservato anche un certo tipo di potere. È pure morto dieci anni fa, e questo lo ha protetto dal dolore che gli avrebbe dato non poter tornare a spartirsi il danaro pubblico, la seggiola in parlamento, i favori di quel re, che ha riempito ancora una volta le istituzioni con i complici di craxi, che se pure l’odore della galera l’hanno sentito, oggi sono tornati tutti ripuliti e riabilitati …”
È cambiato lo sguardo dell’uomo che avevo di fronte. È cambiato così tanto che avrei voluto scusarmi. “Non ci aveva pensato”, ha detto …
Mi spiace, glielo dico ora. La verità è che anche io vorrei vivere l’incantesimo di non guardare oltre la siepe.
(piango un po')
(Sorrido) Esci perché c’è il sole, e perché davvero hai bisogno di un paio di pantaloni. Esci facendo fatica perché hai già letto i giornali che non ti predispongono all’ottimistica visione del futuro. In mente la notizia di una donna – una barbona – gentilmente chiamata clochard, violentata e poi ammazzata a calci e pugni. La fabbrica della Dainese, l’abbigliamento di Valentino Rossi pagato milioni anche per scorreggiare, chiude in Italia lasciando a terra ottanta famiglie, per riaprire in Tunisia. Il localino con la grotta dove ogni tanto ti piaceva portare la tua amica Maria a mangiare gli gnocconi, pensa di chiudere. Poi il racconto della festa di Sant’Antonio, la benedizione di anatre e caprette, cani e gatti, e il pranzo organizzato dalla parrocchia, in un locale niente male immerso nel verde della campagna umbra. Il fedele che a un certo punto, tra un bicchiere di vino e un morso al cinghiale dice al prete: “Don Tiziano, non sarebbe il caso di pensare a organizzare una colletta per Haiti?” E il prete, bergamasco, che risponde: “ non è già tanto che ci pensiamo?”
So che ci devo fare i conti. So che questo è “il mondo” e così chiedo alla mia amica se ora ha compreso perché io non riesca ad avere fiducia nel futuro, lei annuisce ma poi si ribella, utilizzando un po’ di quelle frasi fatte che escono dal cuore, di Dio che chiude le porte e apre i portoni, che fino a che c’è vita c’è speranza. E si prosegue, cercando i pantaloni meno brutti e a miglior prezzo.
Di fronte alla cassa un uomo mi guarda con insistenza, e quando comprende che sono seccata mi si avvicina con gentilezza: “Ma lei è Rita Pani?” Non faccio in tempo a finire di annuire, avvolgendomi di tutto l’imbarazzo che conosco, che il signore mi ha già detto tutto quello che c’era da dire, sulla vita, sul mondo, sulla politica, e persino sul mio viso che sembra più triste di quello della fotografia. Balbetto qualcosa e non so come, l’ex socialista mi dice: “E però Craxi ha pagato per tutti.”
Se ne va l’imbarazzo, se ne va persino il mutismo perché d’impeto provo a fargli un esempio di “uomo che ha pagato”. Graziano Mesina, che si è fatto più di trent’anni di galera a volte colpevole e a volte innocente. Provo a spiegare il senso del termine “pagare”, che davvero a craxi non può appartenere.
“Non ha pagato un cazzo Craxi, semplicemente è scappato, ha vissuto bene il tempo che gli è rimasto, e secondo me ha conservato anche un certo tipo di potere. È pure morto dieci anni fa, e questo lo ha protetto dal dolore che gli avrebbe dato non poter tornare a spartirsi il danaro pubblico, la seggiola in parlamento, i favori di quel re, che ha riempito ancora una volta le istituzioni con i complici di craxi, che se pure l’odore della galera l’hanno sentito, oggi sono tornati tutti ripuliti e riabilitati …”
È cambiato lo sguardo dell’uomo che avevo di fronte. È cambiato così tanto che avrei voluto scusarmi. “Non ci aveva pensato”, ha detto …
Mi spiace, glielo dico ora. La verità è che anche io vorrei vivere l’incantesimo di non guardare oltre la siepe.
(piango un po')
Iscriviti a:
Post (Atom)