Il tempo in cui viviamo (di Rita Pani)
È il tempo in cui viviamo, e soprattutto è il modo in cui si vive. Quando chiude una fabbrica ci si incazza e poi ci si rassegna, e quando al posto della fabbrica apre un centro commerciale si va almeno all’inaugurazione. Si rimedia un palloncino gratis per il bimbo, una tartina col formaggio e pure un caffè. Per questo, in fondo, ho preferito ridere di fronte alla vetrina di un cassamortaro che esponeva i gadget mortuari di San Valentino. L’orsetto “mi manchi”, il cero rosso, il portafiori bianco col cuore, fanno parte di questo mondo perduto, nel quale ormai si è incapaci di essere individui, e si lotta per restare consumatori, fino alla morte e anche oltre.
La rivoluzione sarebbe andare contro tendenza, farsi seppellire in una scatoletta di legno riciclato, senza fiori ma con opere di bene, sposarsi nel modo in cui si va a richiedere un documento all’anagrafe, mangiare comprando dai contadini, vestirsi con gli abiti smessi dell’amica che si è ingrassata o dimagrita. Togliere l’ossigeno a chi ci ha trasformato in codici a barre togliendoci l’umanità.
Ma non è così che funziona, e non è così che si educano i figli, e non è così’ che ci si sente idonei ad affrontare il tempo in cui viviamo. I ragazzini baciano per ricevere falsi dollari da tramutare in capi firmati. Le ragazzine spediscono mms delle loro parti intime per una ricarica telefonica, si prostituiscono per pagarsi la cocaina. Le donne preferiscono non mangiare – che la dieta fa sempre bene – per entrare in orridi calzoni dalle gambe mozzate che pagano 200 euro, infilare i piedi in scarpe simili a strumenti di tortura. Non mangiano per una crema anti rughe che pure quella costa 200 euro.
Allora perché mai avrei dovuto rabbrividire dinnanzi all’orsetto “mi manchi?” o ai cuori rossi appesi alla porta del cassamortaro? È giusto che sia, fino a quando ci sarà qualche imbecille disposto a comprare, fino a quando per sentirti degno di stare al mondo non dovrai far altro che mostrare le foto di un viaggio che stai ancora pagando in comode rate da 40 euro al mese. È giusto che sia, fino a quando non si comprenderà che tagliando la scuola, lo stato aggiunge una linea nera al codice a barre impresso alla nascita su vostro figlio, fino a quando una madre anziché rabbrividire, sorriderà sentendo sua figlia dire “che da grande vorrà fare la velina”.
La nostra vita è scandita dal tempo in cui viviamo; un tempo in cui la politica si schiera a favore o contro Morgan (che mi sono informata e ora so chi è). Un tempo in cui mi tocca leggere sul giornale, che per Morgan, Livia Turco ha pianto.
… e io che di lacrime non ne ho più, continuo a perdere il senso di questo tempo che non riconosco …
sabato 6 febbraio 2010
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