Freccia argento (poi dice che uno s'incazza) (di Rita Pani)
Non bastava l’alta velocità per aumentare i biglietti dei treni. Ci voleva qualcosa di più, un servizio migliore che avrebbe invogliato “i signori viaggiatori” a pagare senza incazzarsi. Allora ecco la Freccia Rossa, e pure quella Argento.
Verona Roma in due ore e cinquantatre minuti. Potrebbe davvero significare che l’Italia è entrata nel futuro. Potrebbe. Quando ci si appresta a partire e non si hanno le tasche gonfissime, si programma, si calcola e si cerca. Poi si valuta e si sceglie. Un’ora prima in aeroporto a Verona, poi un’ora e dieci di volo, poi mezz’ora di treno e la metro per arrivare dove sono ora, contro tre ore di treno a un consto inferiore di venti euro, rendono la scelta obbligata.
“La freccia Argento.” Ferma a Bologna, Firenze, Roma. Buon viaggio!
Carrozza 8, posto 57 corridoio. Decido di non fumare un’altra sigaretta anche se avrei tutto il tempo, perché fa un freddo boia, che mi attraversa i pantaloni, che mi gela i capelli. Nella carrozza mi accoglie un giovane dal vago accento meridionale, che quasi a fatica sembra voler celare. “Signora, c’è un problema, temo che questa carrozza dovrà restare chiusa perché è a zero gradi. Attenda nell’altra l’arrivo del capotreno che le assegnerà un altro posto.”
Attendo, e dopo di me attende un ragazzo, poi quattro turisti giapponesi, poi ancora una signora con i bagagli. Attendiamo fino a quando parte il treno, e dato che il capo non si vede, ci mettiamo a sedere dove capita, noi che siamo italiani. I giapponesi stanno in piedi e per fortuna l’alta velocità è un rutto che dura pochissimo solo dopo Bologna. Quando i primi viaggiatori vogliono provare l’ebbrezza della toilette, i giapponesi si fanno italiani, e si siedono.
La temperatura della carrozza scende bruscamente, ci si ripara come si può. Mi tornano alla mente le parole del direttore generale di FS, quando invitava i signori viaggiatori a portarsi da casa un panino, o un plaid – che non si sa mai. Si va a tentoni fino a Bologna, dove salgono altre persone, che vengono tutte inviate nel vagone ristorante. Il solito ragazzo (che però ha una divisa nuova, nuova, e un cappello che sembra un pilota) dice anche a loro che ora arriverà il capo. “Non è vero!” gli dico, già che me lo trovo affianco, così, tanto per rompere le palle. Poi riprendo a contare mentalmente le dita dei piedi, per essere certa che non se ne sia staccata qualcuna. Firenze … Fiuuu. Abbiamo solo 15 minuti di ritardo, ci si può stare mi dice il passeggero appena salito. Dalla carrozza nove affluiscono passeggeri più congelati di me: “Sì è rotto il riscaldamento dice una.” Proprio come se fosse una cosa stranissima.
Ma si rompe la porta della carrozza sette, ed è un andare avanti e indietro di divise blu, che pare la parata dell’aeronautica militare. Il treno tenta di partire, ma suona l’allarme, e scampanella. Un casino infernale e anche le porte intermedie si bloccano. Meno male che hanno l’accortezza di avvisarci che “per un piccolo problema tecnico, il treno porterà un ritardo di cinque minuti.” Per fortuna che FS ha davvero potenziato il servizio: lo strano omino con la giacca gialla e lo zainetto che dopo ogni stazione entra per un attimo nella toilette a spruzzare un deodorate al cocco per coprire l’odore del piscio. “Maintenance and cleaning” ha scritto sulla schiena.
Dobbiamo a lui se siamo arrivati a Roma … Non c’è voluto molto, è bastato scassinare il sensore dell’allarme della porta. E che strano ... siamo arrivati alle 13 e 45, orario previsto le 13, ma secondo la voce metallica, i minuti erano solo 28.
Costo totale dell’operazione 64 euro… Poi dice che uno s’incazza …
sabato 6 febbraio 2010
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