sabato 26 dicembre 2009

Ego furca acuo

Ego furca acuo (di Rita Pani)

C’è la storiella della ranocchia messa in una pentola di acqua fredda, e portata lentamente a ebollizione: si addormenta prima di morire. C’è la pazienza con cui, giorno dopo giorno, la goccia scava la roccia. Ci sono mille metafore per raccontare come, in Italia, il corruttore del consiglio è un primus inter pares ma un primus super pares (che tradotto per chi non conosce il latino, significa: lui è lui e voi non siete un cazzo).

Lo dicono i suoi avvocati: la legge è uguale per tutti, ma non la sua applicazione. Per i non udenti: la legge è uguale per tutti, ma non per lui.

Ad ogni porcata, ad ogni nefandezza, ad ogni corruzione ed ogni puttanaio, la soluzione di governo è sempre la stessa: è il popolo che mi ha eletto, e rispondo solo al popolo.

E allora, io rilancio: perché non andiamo tutti a porre la domanda: “quando te ne vai?” Sono anni che lo vado dicendo, forse anche sognando: una pacifica e silenziosa marcia verso palazzo Chigi. Un fiume umano che regge una fiaccola in una mano e un forcone nell’altra. La vedo così Roma, illuminata a giorno, il silenzio rotto solo dal frusciare dei passi, lenti e decisi della folla che si raduna nella piazza, mentre loro – tutti loro – sono dentro il palazzo. E quando finalmente avranno sciolto le camere e saranno pronti a partire, la folla si divide come le acque di Mosè, per lasciarli andare, certi che non torneranno più.

Lo so, è un film di fantascienza, e per giunta uno di quelli che finisce bene a dispetto del film dell’orrore che stiamo vivendo quotidianamente. Ieri era un susseguirsi di notizie scabrose: l’Italia è al 55° posto nella classifica della corruzione; all’ultimo posto per la classifica europea stilata da Trasparency International. E leggevo stupore. Mi veniva da chiedere se per caso si pretendesse che un corruttore potesse davvero risolvere il problema della corruzione, dato che il ricorso al lodo Al Fano servì anche per bloccare le indagini della procura di Roma sulla corruzione avvenuta all’interno dello stesso Senato della Repubblica, quando elargendo favori, soldi e puttane, si provava a far cadere il governo Prodi, oltre che il caso Mills, ovviamente. Sarebbe stata una domanda retorica, in questo paese in cui un razzista si occupa di immigrazione, un ignorante di scuola, e via discorrendo.

E ora, mentre lucido il forcone, non aspetto la sentenza della Consulta, ma la legge che i suoi avvocati, e deputati di questa Repubblica scandinava, tireranno fuori dal cilindro, non appena usciranno dal palazzo della Corte Costituzionale. Questa volta forse avranno il coraggio di scriverla in maniera più semplice e inequivocabile: “La legge è uguale per tutti eccezion fatta per silvio berlusconi.”

martedì 6 ottobre 2009

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