Guerra tra cosche (di Rita Pani)
Ammetto, sono reduce dalla puntata di Anno Zero, e forse leggermente contaminata. Vi ricordate quando si parlava di politica? Mi sento un po’ vecchia quando chiedo a qualcuno “se si ricorda”. È la nostalgia che dominaì, di solito, le chiacchiere di chi non lotta contro l’incanutire. Fa un po’ di tristezza. Io poi non è che sia così vecchia, ho 45 anni, né pochi né troppi ma mi ricordo, e rimpiango.
Oggi è più facile sentir parlare la politica nei film di Nanni Moretti, ma quelli prima del Caimano, perché quello già descrive una politica normalizzata, quella di oggi, modernizzata. Anche se a dire il vero, qualche inquinamento già lo si osservava nel Porta borse, film che ho molto amato, forse per il mio debole verso Silvio (questa volta sì, maiuscolo) Orlando.
Anche Santoro, quando iniziò era diverso. Le sue trasmissioni si occupavano di approfondimenti e di inchieste, o di politica. Oggi non fa più differenza. Sono sempre due cose che vanno collegate. Il lavoratore sul tetto racconta la sua fame a margine di una discussione su una puttana pagata da un amico del premier. Una ragazza in studio parla di suo fratello massacrato in carcere, nella puntata in cui si scava nelle abitudini sessuali di un presidente di Regione, e solo quando si parla di mafia non c’è tempo per null’altro, perché la mafia è politica o la politica è mafia. Una volta, mi ricordo, si sollevavano gli scudi contro le immagini cruente dei morti ammazzati dalla mafia. Per qualche tempo si proibì persino di mostrarli scoperti e circondati dal sangue, crivellati dai colpi. Ora di quei morti ce ne frega una cippa, nemmeno ce li mostrano più. La mafia è cemento, governo, senatori, sottosegretari, galoppini, presidenti di circoli. La mafia, ormai normalizzata da questo governo, non spaventa più nemmeno le opposizioni. I mafiosi vengono contati come le figurine, io ce l’ho ma ce l’hai anche tu. Una cosa bipartisan che quindi tanto male non può fare.
Ma qualcosa di ancora più triste mi è balenato in mente, assistendo oggi a questa sorta di conta tra opposizioni, lupi che accusava un senatore del PD di avere come factotum un mafioso. Ancora lui, che concludeva appellandosi agli altri per una più serena e pulita scelta dei candidati. Sempre lui, probabilmente più nostalgico di me, che tentava di rivendicare la sua appartenenza ad un partito politico che non esiste più, quello che il caimano si è mangiato per ripulire la facciata fascista di chi poi ha potuto sedere alla presidenza della camera. Io sono comunista e non ho partito, non ho tessere, non so nemmeno a chi dare il mio voto. Lui sta nel partito di berlusconi, che aveva per stalliere Vittorio Mangano, che ha per consigliere e creatore di forza italia marcello dell’utri condannato per concorso esterno ad associazione mafiosa a 9 anni e rotti di galera.
La politica è un'altra cosa, o almeno dovrebbe esserlo, ma alla fine – Orwell insegna – solo questa sarà politica. Guerra tra cosche. Io non cederò, continuerò a chiamare i miei “Compagni” … a fratello e sorella non ci arriverò mai.
venerdì 6 novembre 2009
sabato 26 dicembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento