mercoledì 23 dicembre 2009

La vita umana

La vita umana (di Rita Pani)

È strano, da essere umano dovrei sentirmi felice dell’interesse che suscita in tutti, la vita umana. Invece, da essere umano, in questi giorni più sentivo parlare di vita umana, e più mi veniva da vomitare. “C’è rammarico per non essere riuscito a salvare una vita umana”.
A me tanto rammarico dispiace, perché volendo si potrebbe fare patrimonio di questo insuccesso: non ne ho salvato una e mi dedicherò a salvarne migliaia.

Il fatto è che se si arriva a trattare la vita umana, come fosse un sorriso che fa vendere il dentifricio, o una barretta dietetica che promette magrezza, temo che la strada per tornare alla civiltà sia un percorso lungo e accidentato. Usare la vita umana per accaparrarsi una manciata di voti da qualche indottrinato catto- talebano, o peggio per provare a fare un colpo di stato senza l’uso di qualche generale accondiscendente, io lo trovo vomitevole.

Ma quanto è bello gridare alla vita! E quante bestemmie abbiamo sentito in questi giorni. Dio usato come uno scudo per farsi largo tra i meandri di una democrazia in frantumi. Gente pronta alla guerra, armata con bottiglie dell’acqua, mentre tutto intorno a loro, una moltitudine di gente muore quotidianamente, spinta alla morte – guarda un po’ – proprio dalla fame e dalla sete. Oh sì, ma loro rischiano la vita perché in fondo in Italia fanno la vita da gran signori. Sempre che non debbano vivere la loro personale Auschwitz a Lampedusa.

Ma la coscienza umana è una strana bestia, a volte finge solo di esistere, e si alimenta di luoghi comuni e stupidità. Quante vite umane ci sono sotto i mari che separano il nord dell’Africa, dall’Italia? Nessuno lo sa precisamente. Quel che si sa è che sono vite umane che non hanno bisogno di decreti urgenti per salvarle, semmai, di decreti urgenti per ricacciarle indietro. Spesso a morire.

Le vite umane dei bambini afghani, che viaggiano afferrati ai semiasse dei camion, e spesso muoiono schiacciati da quelle ruote che girano e fanno compagnia alla speranza di arrivare alla vita. No, quelle vite umane non contano, anche se il provvedimento urgente lo hanno ottenuto, ossia di essere spediti immediatamente indietro, in Grecia, per finire picchiati e rinchiusi in un container del porto di Patrasso.

E la vita umana deve essere per forza qualcosa di grande e di importante, perché tutte le regole e i fondamenti degli stati democratici (anche quando ispirati dalla costituzione sovietica) mettono al primo posto la persona. E si fanno le leggi per tutelare le persone. Poi però si cerca o di cambiarle perché troppo severe e onerose per le industri o per le imprese, o semplicemente non si attuano, perché troppo onerose per uno Stato che ormai non investe più danari per cose banali come la sopravvivenza stessa dei suoi cittadini. E quindi la gente continua a morire, ammazzata dal lavoro, senza che un gruppetto di pie e pure pecorelle faccia un presidio davanti al luogo del delitto, offrendo in dono un paio di scarpe infortunistiche, una maschera antigas o un macchinario sicuro e funzionante.

Dio non esiste, perché non ho avuto notizia di fulmini divini e di gentaglia folgorata.

lunedì 9 febbraio 2009

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