mercoledì 23 dicembre 2009

Terremoto in diretta

Terremoto in diretta (di Rita Pani)

Non ero ancora addormentata, ci provavo. Quell’attimo in cui non sai bene dove sei. Stando prona, ho avuto la sensazione che il cuore mi battesse forte, ma toccandomelo m’è sembrato andare bene. Era il terremoto. Mi sono addormentata solo alle cinque, e ricordo che l’ultimo pensiero è stato: forse dovrei infilarmi un paio di calze.

Alle sette ho acceso il computer e ho letto della tragedia in Abruzzo. Ora ho la TV accesa e guardo la non stop delle notizie, e mi ritrovo a studiare questo povero mondo ormai rincretinito. È innegabile, viviamo l’era meschina del reality, dove chiacchierare di nulla rende spettacolare persino la tragedia. Non so, c’è una tizia in collegamento diretto dall’Aquila che dice: “Sono davanti all’ospedale dell’Aquila, il più grande, ma anche l’unico.” Da studio: “Allora, ripercorriamo la storia dei terremoti in Italia a partire dal 1908”. Mi pare davvero il momento, un amarcord davvero imperdibile.

Un altro scienziato della comunicazione racconta di un vecchietto inamovibile, che guardava la sua “casa sbriciolata”: voleva dare da mangiare alle galline. E poi ancora altre testimonianze che vengono interrotte con dispiacere: “so bene che il dramma umano viene prima” ma si segnalano danni alle chiese.

È la terza volta che leggono il telegramma del Papa, che “assicura la fervide preghiere per i morti, soprattutto i bambini, e invia una benedizione apostolica” si spera seguita da congruo assegno. Si spia di tanto in tanto la sala dove a breve il presidente del consiglio terrà una conferenza stampa. Non lo dicono, ma ci si augura che non prometta di portare orologi del Milan ai sopravvissuti e gli sfollati, come già fece qua in Umbria.

Di nuovo scorrono le immagini del 1908, del 1968, del 1976, del 1980, del 1997, del 2002 … Cosa dovremmo comparare tra ieri e oggi? Il resto è un susseguirsi di chiacchiere insulse, di rassicuranti promesse di impegni. E siccome si polemizza sul ricercatore (non un sensitivo) che aveva dato l’allarme, ed è stato denunciato dallo stato in qui tutto va ben, ecco che proprio per domani, ci dicono, era stata preparato un convegno per spiegare ai cittadini cosa fare in caso di terremoto, ma “il diavolo ci ha messo la coda” cito.

Ma noi che di Italia un po’ ce ne intendiamo, sappiamo già che oggi si piangeranno i morti, mentre i vivi avranno molto da piangere per i molti anni a seguire, perché quando le ruspe avranno finito, e le telecamere si spegneranno, i 50.000 sfollati continueranno a vagare soli e dimenticati nelle loro tendopoli, e nei loro villaggi di container, come fantasmi. Chissà se anche allora faranno scorrere le immagini tristi della foto storia dei paesi italiani terremotati.

lunedì 6 aprile 2009

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